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Il Cariton

    

Una volta era un dolce povero, oggi lo si definirebbe vegano e salutista


di Carolina Quaranta


Pur essendo molto varia, la tradizione alimentare piemontese si basa su pochi e stabili denominatori comuni: proporre sempre piatti ricchi e sostanziosi, che non prescindono da carni e derivati animali. Esempi emblematici si trovano nella calorica bagna cauda, passando poi agli agnolotti e citando infine il famosissimo fritto misto; questo si deve in parte al clima della regione e alla sua cultura, che deve alle montagne il rigido freddo invernale e alle vaste pianure la grande presenza di allevamenti; anche i dolci beneficiano di questa nutriente tipicità, basti pensare al bunet e ai golosi Gianduiotti. 

Ma ad una ventina di chilometri a sud di Torino, nella nebbiosa pianura pinerolese, un gruppetto di paesini prepara tempo un dolce semplice e dai pochi ingredienti, apparentemente molto diverso da quella che è la tradizione. 

Da generazioni in queste terre si prepara il  Cariton, le cui radici affondano nella notte dei tempi. Il territorio interessato comprende i comuni di Pancalieri, Virle Piemonte, Piobesi Torinese, Carignano, Castagnole Piemonte, Lombriasco ed Osasio, un gruppo di paesini che da qualche tempo si è attivato in una ricerca per comprendere le origini di questa tradizione così particolare; l’approfondimento ha prodotto un’abbondante documentazione orale, con la quale si è potuta attestare l’autenticità del prodotto e il legame con il suo territorio.

Ma cosa rende il Cariton un dolce così meritevole di attenzione?

La sua caratteristica principale è la completa assenza di prodotti di origine animale: la tradizione vuole infatti che venisse un tempo ricavato dalla pasta per il pane. Si tratta quindi di un dolce molto povero, che con la semplice aggiunta di zucchero e uva si trasformava nei giorni di festa in una torta da occasioni speciali; gli anziani residenti nel territorio ne documentano la preparazione almeno negli ultimi cento anni, ricordando in particolare si usava confezionarlo in occasione dell’Avvento, o nelle domeniche autunnali che lo precedono. 

Oggi si aggiunge del vino bianco secco, che dona alla pasta quel caratteristico gusto amarognolo che ben si sposa con l’uva fragola del ripieno; lo si potrebbe definire un prodotto vegano, cosa che può stupire qualche lettore dai capelli d’argento, inconsapevole di preparare da anni un dolce che oggigiorno sarebbe così modaiolo. 

Il risultato si presenta come una focaccia piatta, in cui il ripieno è nascosto dal disco di pasta che viene posto sopra l’uva e spolverato di zucchero a cottura ultimata. La cottura avveniva generalmente nel forno pubblico, di cui si serviva la popolazione per cuocere pane, grissini, biscotti e dolci; l’usanza si diffuse nel territorio a partire dal XVIII secolo, ed è ancora testimoniato almeno sino agli anni Sessanta del XX secolo ad Osasio, quando per la preparazione di dolci particolari si ricorreva al fornaio del paese.

Incuriositi da questo dolce così insolito, i paesi dediti alla sua preparazione hanno svolto un’approfondita ricerca per promuovere la tradizione e inserire il prodotto all’interno del Paniere dei Prodotti Tipici della Provincia di Torino; è nata così l’Associazione Produttori Cariton, che ha individuato nel Piobesino la culla storica del dolce in questione. La versione più antica e tradizionale viene infatti ancora oggi confezionata nella borgata Tetti Cavalloni di Piobesi Torinese e nella vicina Castagnole Piemonte, zone in cui il caritun viene preparato aggiungendo alla pasta del pane soltanto acini d’uva e zucchero.

Nell’associazione si sono uniti i comuni di Castagnole, Piobesi e Osasio, che si impegnano a preservare e tramandare nel tempo la ricetta originale, alla quale talvolta vengono aggiunti burro e uova, specialmente se la produzione è destinata alla distribuzione commerciale.

È da notare che il termine utilizzato per designare il dolce è diffuso in un’ampia area del Piemonte, che va dalla Valle Po alle Langhe, e dal Roero all’Astigiano. Tuttavia, spesso si riferisce a prodotti alimentari di vario genere, diversi per la forma e gli ingredienti. Per quanto riguarda il dolce in questione, il nome Cariton richiama i cosiddetti “pani della carità” che la Chiesa era solita distribuire alla popolazione povera in occasione delle festività maggiori; queste donazioni avvenivano solitamente in piena estate, eredità di antiche tradizioni romane giunte fino a noi attraverso il mondo barbarico e poi medioevale. 

Il Cariton è ancora preparato nella sua zona di origine in occasione di feste patronali e sagre, riscuotendo consensi e stupore di fronte ad un elenco di ingredienti così breve e leggero. Si tratta quindi di una tradizione molto antica che incontra una tendenza totalmente nuova: quella della consapevolezza alimentare, della semplicità e della continua ricerca di ingredienti sani e di base, non artefatti dalle lavorazioni industriali. Questo porta ad un inevitabile ritorno alle tradizioni del nostro passato, loro malgrado dettate dalla povertà e non dal desiderio di alimentazione sana che oggi spopola e raccoglie nuovi adepti ogni giorno; una curiosa coincidenza con il diffuso veganismo dei nostri giorni, che dimostra quanto inaspettato e sorprendente possa essere il nostro Piemonte.

 

 

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Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Giovanni Andriolo
Lucilla Cremoni
Piervittorio Formichetti
Carolina Quaranta
Viviana Vicario

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