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Buono? Spaziale!

 

 

 

Un salto nei laboratori di Argotec, l'azienda torinese che produce il cibo per gli astronauti


Intervista di Nico Ivaldi


Se cercate un cibo di una bontà “spaziale” non c’è bisogno di recarsi in qualche ristorante alla moda. È sufficiente fare un salto nei laboratori di Argotec, l’azienda torinese che produce lo “space food” per gli astronauti in collaborazione con nutrizionisti, dietisti e chef stellati.
Sono lontani i tempi in cui Gagarin si doveva accontentare di banchettare in orbita succhiando poltiglie da tubetti in alluminio, o in cui ad Armstrong e compagni toccava deliziarsi il palato con buste liofilizzate. Oggi tutt’altro trattamento è riservato ai nostri due astronauti, Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti, proprio grazie allo sforzo del team di Argotec.
Parmitano, il primo a sperimentare le gioie dei pranzi gourmet nello spazio, sostiene convinto che da quando si è portato lassù lasagne, tiramisù e caponata, sente meno la mancanza di casa. La salutista Samantha ha scelto piatti con ingredienti biologici: dalle verdure al pollo, dalla quinoa al riso integrale, ai cereali soffiati, al pesce azzurro per finire con la bacche di Goji. Durante un collegamento con la sua Stazione Spaziale Internazionale ha affermato che “questi ottimi piatti unici molto gustosi mi stanno salvando soprattutto nei pranzi” e che le basta scaldare un busta per avere tutto quello che serve al suo organismo.
Obiettivo raggiunto? A giudicare dal sorriso pieno di soddisfazione di David Avino, ingegnere informatico, fondatore e amministratore delegato di Argotec, sembrerebbe proprio di sì. Oggi la sua azienda (specializzata nell’addestramento di astronauti) è responsabile europea per il “bonus food” (il cibo delle grandi occasioni) degli astronauti Esa su contratto dell'Agenzia Spaziale Europea ed è la controparte europea del nutrition panel della Nasa.
David Avino, classe 1971, da Foligno, Perugia, ha una storia molto particolare. Dopo aver frequentato l’Accademia Militare di Modena, segue le orme paterne e abbraccia la carriera militare, diventando ufficiale dei paracadutisti della brigata Folgore, con cui compie missioni in Somalia e Bosnia. Nel frattempo completa il ciclo di studi informatici ed entra in Alenia Spazio, dove lavora sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Lo step successivo è stato quello di dimettermi da Alenia e ricominciare una nuova vita grazie alle conoscenze nel frattempo acquisite nel campo dell’aerospaziale. Ho lavorato come consulente in molti paesi europei, Francia, Belgio, Olanda, Germania. Mentre in Alenia, lavorando a contatto con la Nasa, ho conosciuto il mondo americano, in Europa mi sono confrontato con esperienze europee e anche russe, visto che ho cominciato a lavorare anche con loro su alcuni progetti”.
Il nome Argotec, scelto non a caso da David Avino, si ispira alla leggenda degli Argonauti (gli eroi della mitologia greca protagonisti dell’avventuroso viaggio a bordo della nave Argo alla riconquista del vello d’oro) perché le attività e i progetti vengono portati avanti, con lo stesso spirito di avventura e con una grande motivazione, da uno staff di giovani ingegneri (età media ventotto anni): qui li si responsabilizza, li si fa crescere con le loro idee e con il loro spirito fresco.
Credo molto nel lavoro in team. Ho cercato di applicare nella mia azienda lo stesso spirito di collaborazione che si instaurava durante le missioni militari. Siamo compatti, facciamo quadrato, cerchiamo di risolvere insieme le problematiche. E se qualcuno in quel momento ha la mente annebbiata, infiliamo le scarpette e andiamo a farci una bella corsa rigeneratrice”.
Nella sede di Argotec - a Barriera Milano, periferia nord di Torino, a due passi dagli storici magazzini generali Docks Dora – non è raro imbattersi in una bandiera italiana.
Il mio è un patriottismo sincero” dice Avino. “Sono fiero di appartenere a questa comunità. Ne ero convinto anche quando lavoravo all’estero e sapevo che prima o poi sarei ritornato in Italia. Infatti non appena ne ho avuto la possibilità l’ho fatto. Credo che sia questo lo spirito che dovrebbe muovere chi va a lavorare fuori. Ritornare da dove si è partiti, anche se le difficoltà in Italia ci sono e con quelle si deve imparare a convivere”. 
Per esempio?
Per un’azienda come la nostra non è molto facile trovare spazio in un mercato italiano che, di fatto, appartiene esclusivamente a un monopolio di poche grandi aziende. Non è un caso che, fino al 2013, il 100% del nostro fatturato in ambito spaziale sia stato all’estero. Andiamo avanti senza ricevere alcun tipo di finanziamento pubblico ma solo privato, e investendo fondi nostri”.
Uno dei segreti del vostro successo?
Nei primi anni di attività abbiamo fornito consulenza e supporto ingegneristico ai nostri clienti. Negli ultimi anni invece la strategia è cambiata, abbiamo cercato di non essere la classica azienda di consulenza, ma di cercare iniziative e realizzare prodotti veri e nostri, investendo in tecnologia e innovazione. Questa è una cosa che paga, è il futuro, perché in un periodo di crisi se non investi in innovazione e tecnologia sei fuori dal mercato. Sono convinto che quando usciremo dal tunnel della crisi solo chi avrà investito e creato del valore all’interno delle aziende andrà avanti”.
Il colpo di genio che ha dato visibilità mondiale ad Argotec è stato lo “space food”, le cui fasi produttive nascono proprio all’interno dell’azienda torinese, dalla ricerca e sviluppo all’assaggio. Il team che vi lavora è composto da tecnologi alimentari e nutrizionisti, più uno chef, come Stefano Polato, che è anche esperto di conservazione.
Quali difficoltà avete incontrato nella realizzazione dei cibi per gli astronauti?
La difficoltà è stata realizzare un alimento buono, ma allo stesso tempo sano e sicuro, che rispettasse gli standard fissati dalla Nasa, come l’avere poco sale, essere totalmente biologico e in grado di conservarsi per almeno 24-36 mesi senza l’uso di conservanti. È stato necessario abbattere la carica batterica del cibo in due modi: tramite disidratazione, quindi togliendo l'acqua, o attraverso la termostabilizzazione in autoclavi. La temperatura da raggiungere per poter essere sicuri è di 121°C. Con i sistemi classici si può eliminare la carica batterica ma si ammazzano allo stesso tempo tutti i contenuti nutrizionali e, ovviamente, i sapori”.
C'è voluto un anno e mezzo di ricerca per arrivare a ottenere il prodotto desiderato da Argotec, ma alla fine un buongustaio come Luca Parmitano ha potuto portare con sé nello spazio le lasagne, il risotto al pesto, la caponata, la parmigiana e il tiramisù. 
È stato un momento molto bello,  racconta con entusiasmo Avino, perché anche a 400 km di distanza dalla Terra il cibo made in Italy ha fatto la sua parte. Questo è un motivo di vanto e di orgoglio non solo per Argotec, ma per l’Italia in generale, e noi ne siamo felici”.
Argotec ha realizzato anche un menù tipico per l’astronauta Alexander Gerst: due varietà di spätzle (i tipici gnocchetti tedeschi) con lenticchie e pomodoro e con crema di formaggi e cipolla, wurstel e lenticchie e budino con semolino e frutti di bosco. 
Ma poiché anche l’occhio vuole la sua parte, Argotec cerca di fornire agli astronauti pietanze che non siano sempre incolori, anche “perché la percezione visiva influenza il gusto”, sottolinea Avino.
Colore, gusto, consistenza di ciascun piatto sono un equilibrio delicatissimo, raggiunto in modo diverso da piatto a piatto e frutto di uno studio attento di una serie di parametri caratteristici, dal ph alla densità. Insomma, un approccio scientifico all’arte culinaria.
E se dovessero incaricarvi di preparare un menù tipico americano, come vi comportereste?
“Sarà difficile riprodurre cheeseburger con patatine e ketchup” scherza Avino. “Ma ci proveremo. Mai fermarsi alle prime difficoltà”.
E dire che il manager folignese sa cucinare a malapena due uova al tegamino; a pranzo anche lui mangia spesso i pasti completi studiati per lo spazio e venduti, per ora, solo attraverso un portale e-commerce, Ready to Lunch. Come dire che l'innovazione utilizzata in orbita potrebbe trovare ottimi sbocchi commerciali sulla Terra.
Poteva mancare nel menù spaziale un buon caffè? Argotec ha pensato anche a questo, spinta da Luca Parmitano, che, quasi scherzando, aveva confidato quanto gli mancasse un buon espresso nello spazio. Ed ecco l’ISSpresso, la prima macchinetta “spaziale” del caffè espresso.
Per ricreare le condizioni adatte al tipico espresso ci sono voluti circa due anni di lavoro e sperimentazione” spiega Avino. “Non abbiamo fatto tutto da soli, ma ci siamo affidati agli oltre centoventi anni di esperienza di Lavazza. Si è trattata di una vera sfida, vinta grazie a un nuovo modo di riscaldare e miscelare fluidi e polvere di caffè, mantenendo intatto l'aroma dell'espresso servito all'interno di un pouch (una sorta di sacchetto trasparente dotato di cannuccia). Certo, non si può parlare di semplice macchinetta – peso, design e funzionamento sono lontani dal modello classico – ma chissà che l'adattamento ingegneristico non ispiri qualche nuova tecnica culinaria”.
Il cibo dello spazio sarà il cibo del futuro?
Ci stiamo lavorando. La tecnologia e gli studi che abbiamo sperimentato con successo per lo spazio potrebbero comunque trovare applicazione in un preciso ambito della vita quotidiana, quello dei cibi in scatola. I supermercati sono invasi di scatolette piene di additivi e coloranti: stiamo cercando di lavorare affinché in futuro non sia più così, provando a creare cibo in scatola ma allo stesso tempo più sano. La ricerca ovviamente, va sempre avanti: in questo momento stiamo cercando di trovare il giusto mezzo fra apporto proteico e potassio per minimizzare i problemi di osteoporosi, tipici della permanenza nello spazio. In questo senso le missioni possono diventare un buon laboratorio per fare scoperte legate ad alimentazione e salute. In più stiamo lavorando sugli antiossidanti per rallentare l'invecchiamento cellulare”.
Non solo. Il “bonus food” si potrà usare in tutti i casi in cui è necessaria una lunga conservazione senza disporre di frigoriferi, per esempio in caso di calamità naturali, o più in generale a beneficio di tutte le popolazioni disagiate. 
Le sfide di Argotec non finiscono certo qui. Più a che a dirlo i fatti sono gli occhi vivaci di David Avino, che nascondono un’incontenibile vitalità.
Progetti per il futuro? Ne abbiamo tanti” afferma. “L’importante è che possa continuare a condividerle con il mio staff di collaboratori ai quali devo tanto. Seguirmi nella mia lucida follia non è facile, ma so che su di loro posso sempre contare”.
Parola di (ex) militare.


 

 

 

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intervista di Nico Ivaldi



Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Mariella Capparelli
Michelangelo Carta
Pasquale Nava
Marina Rota
Irene Sibona
Viviana Vicario

 

 

 

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