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Pendolare della Fisica. Chiara Mariotti fra Torino e il Cern

 

 

 

Chiara Mariotti, coordinatrice della ricerca sul Bosone di Higgs, fra Torino e il Cern


di Gabriella Bernardi


Chiara Mariotti al CernQuest’anno, nella prima settimana di luglio, la tredicesima edizione del Convegno Internazionale organizzato dalla comunità dei fisici della Relatività e intitolato a Marcel Grossmann si è tenuta in Svezia, presso l’Università di Stoccolma.

Può parere strano che un convegno di fisici, che si svolge ogni tre anni ed è stato fondato dal professor Remo Ruffini nel 1975, venga dedicato a un matematico ungherese, ma addentrandosi nella storia della scienza, si scopre che questi fu amico e compagno di classe di Albert Einstein e che lo aiutò a sviluppare la sua teoria della Relatività Generale. Fra i vari interventi c’è stato quello di Chiara Mariotti, laureata all’Università di Torino, da anni impegnata al Cern di Ginevra e che ha partecipato recentemente alla Notte dei Ricercatori a Torino.

Il suo intervento al convegno si preannunciava particolarmente interessante, anche perché avveniva appena un paio di giorni dopo l’annuncio della scoperta del bosone di Higgs, che tanto clamore stava suscitando in tutti i giornali del mondo. Non mi sono quindi lasciata sfuggire l’occasione di fare qualche domanda ad una delle protagoniste della scoperta.

Dottoressa Mariotti, quali sono state le sue tappe professionali e la sua posizione attuale all’interno del Cern?

Martin Grossman MeetingLa prima volta che sono stata al Cern è stato per svolgere la mia tesi di dottorato. Il gruppo di Torino con cui lavoravo aveva un esperimento sul fascio di muoni, per studiare la struttura del protone. Dopo la tesi di dottorato ho continuato a lavorare al Cern nell’esperimento Delphi all’acceleratore Lep (Large Electron Positron Collider), prima come postdoc dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Roma e poi con un contratto di sei anni come staff del Cern. Nel frattempo ho vinto un posto di ricercatore permanente nell’Infn (a Roma, poi trasferito a Torino). In Delphi mi sono occupata di varie cose: dalla costruzione del rivelatore a silici (all’epoca il più grande al mondo) per rivelare la presenza di quark “b” (o beauty), alla misura di precisione del bosone Z, e dal 1997 al 2000 alla ricerca del bosone di Higgs. Ho avuto vari incarichi di responsabilità e dal 1999 sono stata coordinatrice della fisica di tutto l’esperimento. Nel 200, ho iniziato a lavorare sull’esperimento all’acceleratore Lhc (Large Hadron Collider) con il gruppo di Torino. La mia attività si è sempre svolta al Cern, a parte brevi periodi a Torino per insegnare e per seguire tesisti.

All’Lhc ho contribuito ai test dei rivelatori di muoni che costruiva Torino, e ho iniziato l’attività di ricerca dell’Higgs con i vari studenti di tesi magistrale o di dottorato di Torino. Nel 2008 sono diventata responsabile e coordinatrice del gruppo che ricerca l’Higgs in CMS. Nel 2010 insieme al collega torinese Giampiero Passarino abbiamo fondato un gruppo formato da fisici sperimentali e teorici per calcolare le caratteristiche del bosone di Higgs e definire le strategie di analisi e di ricerca. Da quest’anno, a seguito della scoperta, ci occupiamo anche di definire le strategie di misura delle varie quantità che caratterizzano il bosone di Higgs. Con il gruppo di Torino abbiamo sviluppato e siamo responsabili di una delle analisi che hanno permesso di scoprire l’Higgs quest’estate. 

L'intervento di Chiara Mariotti al congresasoIl lavoro presso l’acceleratore ginevrino si svolge in un ambiente internazionale. Come viene organizzato? Oltre a lei altri piemontesi sono approdati oltralpe?

Gli esperimenti agli acceleratori del Cern sono collaborazioni internazionali: partecipano istituti di fisica di diverse nazioni, ognuna con una responsabilità ben definita. L’esperimento si crea in una struttura organizzativa che in genere comporta una spokesperson che cambia ogni 2 o 3 anni, un responsabile della fisica, un responsabile del rivelatore, un responsabile del calcolo etc etc. Ci sono inoltre sottostrutture che hanno compiti più specifici (un gruppo che si occupa di ricercare l’Higgs, altri si occupano di misurare quantità note o di ricercare altre particelle ecc.). La nazionalità in genere non conta, contano le capacità dell’individuo. Ali esperimenti su Lhc partecipano più di tremila persone, non è facile inserirsi, però ognuno riesce a contribuire in modo originale con le rispettive competenze. 

Molti italiani partecipano agli esperimenti di Lhc (come prima agli esperimenti di Lep). Alcuni vengono al Cern per brevi periodi per seguire riunioni, partecipare alla presa dati e al funzionamento del rivelatore; altri hanno invece trovato contratti di lavoro all’estero o al Cern stesso e dunque si sono trasferiti oltralpe. Altri ancora, come me, nonostante siano associati ad università o istituti italiani, spendono la maggior parte del tempo al Cern perché hanno delle responsabilità che richiedono la presenza continuata all’esperimento.

Proprio durante il Marcel Grossman Meeting è giunta la notizia della scoperta del bosone di Higgs. Come ha vissuto l’evento e questa ricerca? Il suo intervento ne è stato influenzato?

Lavorando sulla ricerca del bosone di Higgs da oltre quindici anni, l’evento per me è stato particolarmente importante. Il momento più emozionante è stata la sera di metà maggio in cui abbiamo deciso che l’analisi ottimizzata sulle simulazioni era solida e si poteva andare a guardare i dati raccolti. A quel punto è stato evidente che stavamo producendo e rivelando una nuova particella, il tanto ricercato bosone di Higgs! Il giorno dopo abbiamo parlato con i colleghi che guardavano ad altri stati finali, e tutti avevamo risultati coerenti. È stato un momento incredibile, un'emozione fortissima, siamo stati svegli notti intere per verificare quel che stavamo vedendo, e per l’adrenalina che ci circolava in corpo. Ma i risultati sarebbero divenuti pubblici solo il 4 luglio e fino ad allora dovevamo tenere il massimo riserbo. Dunque, quando ho ricevuto l’invito a presentare i risultati al Marcel Grossman Meeting il 6 luglio 2012 ho accettato con entusiasmo, perché mi veniva data l’opportunità di mostrare questi risultati storici nel momento in cui venivano comunicati al mondo. Finalmente, dopo anni in cui mostravamo strategie di ricerca o risultati negativi, potevo presentare in prima persona il risultato positivo di una ricerca che mi ha coinvolto personalmente per più di 15 anni!

Ora che è stata trovata questa particella, se confermata, quali saranno le conseguenze per la fisica? E quali quelle sul suo lavoro?

Il nostro mondo non sarà più lo stesso. Ora che sappiamo che il bosone di Higgs non è solo una teoria affascinante, dobbiamo capire come é fatto e misurarne tutte le caratteristiche. Non solo: dobbiamo continuare a cercare nuove particelle per capire che natura ha questo bosone, per esempio se è supersimmetrico, o se è composto etc etc. Quindi un lungo e affascinante programma si apre davanti a noi.

Personalmente continuerò in questa avventura come responsabile del gruppo Lhc Higgs Cross Section working group per definire le strategie di misura, e in Cms per misurare queste quantità sempre nel canale principe, detto anche “golden channel” per la sua chiarezza e bellezza. E in parallelo spero di aver sempre il piacere di seguire studenti di Torino con tesi di specializzazione o di dottorato in questo campo estremamente affascinante della fisica delle particelle. 



 

 

 

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Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Roberta Arias
Gabriella Bernardi
Oscar Borgogno
Michela Damasco
Federico Floris
Aurora Fragonara
Emanuele Franzoso
Andrea Giambartolomei
Pamela Pelatelli
Francesca Torregiani


 

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