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Il bel vizio di perdermi

 

 

 

Gabriele Saluci, studente in fuga (con la bici)


Intervista di Nico Ivaldi


Quante fughe, nell’ancora giovane esistenza di Gabriele Saluci, ventidue anni, studente di Comunicazione Interculturale a Lettere, appassionato di scrittura e di viaggi: al suo attivo ha già un Torino-Marocco in bici e, sempre sulle due ruote, un tour dell’Islanda.

Ultima fuga: dall’Università di Torino a quella di Las Palmas, per il progetto Erasmus. Il furbo Gabriele si è guardato bene dal scegliere la plumbea Bristol, la piovosa Anversa o la gelida Oslo. Quanto a caldo e ozi, le Canarie non battono nessuno.
Siamo in tre nell’appartamento. Con me c’è un altro ragazzo di Torino e una ragazza polacca” sorride Gabriele, barbetta incolta e occhi vispi. Tornerà in Italia a giugno, dopo aver dato, forse, qualche esame di filologia, perfezionato lo spagnolo, aggiornato il sito (www.gabrielesaluci.com) e, magari, fatto divertire più di una studentessa…
Cominciamo con la prima fuga, Gabriele.
Da Gela, Sicilia, subito dopo la maturità classica, verso il Politecnico di Torino. Mi ero iscritto a ingegneria energetica. Dopo due anni mi sono reso conto che quella in giacca e cravatta non era la vita che sognavo; io cercavo qualcosa di più avventuroso. E poi in famiglia già c’è un ingegnere, mio padre”.
Dal Poli, Gabriele - che spesso nel modo di parlare ricorda Aldo Baglio, quello di Aldo, Giovanni e Giacomo - trasborda nelle più tranquille e rassicuranti acque di Palazzo Nuovo, che gli garantisce letture adatte e corsi sicuramente più stimolanti, “come antropologia, sociologia e arabo”.
Ma Gabriele sogna spazi aperti e avventure in giro per il mondo.
Sai che c’è?” mi dice. “Non riesco a immaginarmi lavori che non abbiano a che fare con i viaggi e con qualsiasi cosa che stimoli la mia creatività. In una parola: il mio sogno è fare il reporter di viaggio. La gente comune pensa che scrivere di viaggi sia una cosa facile e poco impegnativa, ma non è vero. Per esempio nel mio ultimo viaggio ho girato con la videocamera 100 giga di materiale! Per mettere in rete mezz’ora di video ho dovuto lavorare per più di quattrocento ore, non poco, no?”
Però il successo della rete ti ha ripagato del sacrificio.
Non mi lamento, i miei video hanno avuto quasi centomila visite in meno di un anno".
Come entra nella tua vita la bicicletta?
Non andavo in bici da quando avevo tredici anni, non sono mai stato un fissato delle due ruote. Il mio obiettivo è quello di viaggiare e divertirmi, con qualunque mezzo. La bici è un mezzo molto rilassante di vedere le cose e di procurarsi piccoli contrattempi, che per me sono il sale di ogni viaggio”.
E quando hai deciso di montare in sella e partire?
“Ero sul Cammino di Santiago e vedevo molti pellegrini in bicicletta, mi sono incuriosito e ho deciso di provare”.
È stato il tuo primo viaggio?
Da solo sì, peròho avuto la fortuna di vivere in una famiglia appassionata di viaggi. Con i miei genitori ho girato in camper in molti paesi europei. Io stesso ho lavorato come cameriere, per tre estati consecutive, dai quattordici ai sedici anni, nel ristorante di uno zio in Inghilterra, nel Dorset”.
Dicevi del Cammino di Santiago.
Sono partito nel settembre del 2010 con uno zaino di tredici chili sulle spalle e tanto entusiasmo”.
Sul suo sito scriveva, in quell’occasione: “Mi sono liberato dalle catene, dai limiti e dalle regole assurde imposte dalla vita quotidiana, ho rimosso un sottofondo chiassoso, ho riscoperto la naturale curiosità che mi giaceva dentro”.
Da quest’impresa nasceranno le successive: nel settembre del 2011 compie in poco meno di un mese il giro dell’Islanda in bicicletta (duemila chilometri) e nell’estate del 2012, sempre sulle due ruote, parte da Torino alla volta del Marocco, quattromila chilometri attraverso quattro paesi. Partiamo dalla prima, perché hai scelto proprio l’Islanda?
Sognavo di andare al Nord, però a Capo Nord i punti da visitare sono lontani tra di loro, mentre l’Islanda è l’ideale per viaggiare in bicicletta. Lì ogni cento chilometri c’è un totale cambiamento di paesaggio e luoghi molto interessanti da visitare: geyser, cascate, vallate desertiche, lande verdi con cascate meravigliose, pozze vulcaniche, ho trovato perfino la neve. E poi la gente è cordiale, disponibile”.
Visto che ti piacciono i contrattempi, ne hai avuto qualcuno in Islanda?
Una volta che c’era nebbia ho perso la tenda mentre cercavo delle bacche e dei mirtilli da mangiare. Se l’era portata via il vento. Un’altra volta stavo per scivolare in una pozza vulcanica con la bici”.
Cosa cercavi in Islanda?
“Cercavo la natura, la solitudine, volevo riflettere sulla mia vita. In Marocco invece cercavo la gente, tanta gente, e infatti ce n’era troppa. Come la prima persona che ho incontrato in Marocco, un uomo con un carretto tirato da un asino. E poi anche se c’erano troppi odori, troppa puzza, troppi colori, ci ritornerei domani stesso”.
Abbiamo introdotto la tua ultima impresa: Turin-Sahara.
Ho attraversato in bici Francia e Spagna: per 2300 chilometri senza mappa né gps e senza bussola. Sai come mi orientavo? Bastava che guardassi il Mediterraneo: se era alla mia sinistra ero nella direzione giusta. Viaggiavo sulle strade statali e una volta sono finito sull’autostrada…”
Ma non è vietato?
“Certo che lo è. Però spesso queste strade statali confluivano nell’autostrada. Per fortuna la polizia non mi ha mai fermato, anche perché non mi ha mai visto, è andata bene così. Però mi sono perso un sacco di volte, una volta in una pineta verso St-Tropez, era notte, ho dormito in spiaggia. Ero stanco, affamato e con il morale sotto i tacchi”.
Cos’hai pensato quella notte?
“Che non potevo perdermi di più di così e ho ritrovato fiducia”.
Con quale bici viaggi?
Tanti pensano che la mia sia una bici speciale e invece no. È una bici che ho comprato per duecento euro in un grande magazzino. Gli amici mi dicevano: ma guarda che si rompe! Ma perché dovrebbe? rispondevo. Al massimo se si rompe, si aggiusta. Questa bici ha fatto seimila chilometri in un anno. Viaggio con due borse da sessanta litri, abbastanza capienti, e l’attrezzatura video”.
Tra un viaggio e l’altro, Gabriele, che non sta mai fermo, si è cimentato in imprese molto particolari. Come la costruzione di un igloo in piazza Vittorio, a Torino, con l’amico Lorenzo.
Abbiamo cominciato a lavorare alle undici di sera, volevamo un posto visibile e rappresentativo della città. Con noi avevamo doposci, guanti pesanti e guanti da cucina per non bagnarci mai le mani, poi coltelli per tagliare il ghiaccio e tanta acqua per fare da cemento tra un blocco e l’altro. Utilizzavamo quella delle fontane”.
Come si costruisce un igloo?
Si parte da una base circolare per terra dove si piazzano dei mattoni di ghiaccio, che abbiamo ottenuto tagliando i cumuli di neve ghiacciata portati ai lati della piazza dagli spazzaneve. Partendo dalla base, siamo saliti accumulando i mattoni sempre in maniera circolare, facendo dei cerchi via via più stretti e inclinati verso l’interno, in modo da chiudere la costruzione. Alle sei del mattino avevamo finito!”
C’è stato qualcuno per strada che si è fermato a chiedervi cosa stavate facendo?
Sì, un paio di ragazze, di cui una completamente ubriaca. Per il resto non c’era nessuno in giro, era notte fonda e faceva un freddo cane, c’erano meno otto….”
E per girare il video (che ha riscosso un incredibile successo su youtube) come avete fatto?
“Abbiamo piazzato la mia reflex sul cavalletto, ha resistito qualche ora fino a quando non si è scaricata la batteria. Allora abbiamo terminato le riprese con un Iphone. Di ritorno a casa, invece di metterci a letto con un tè caldo nello stomaco, ci siamo messi a lavorare al montaggio. Poco dopo, il filmato era già in rete, a tempo di record”.
Un’altra iniziativa curiosa di Gabriele è stato il catamarano in bottiglie di plastica (Postiki, in onore del fiume Po e del Kon-Tiki, l’imbarcazione che ha attraversato il Pacifico) che ha navigato il Po da Moncalieri a Torino. L’imbarcazione è stata costruita con settecento bottiglie, assemblate insieme a tavole di legno e a reti per recinti (tutto materiale di recupero).
Una scelta ambientale che rispecchia il pensiero di Gabriele.
Sempre con il mio fedele scudiero Lorenzo e con la collaborazione dell’architetto Claudio Perino abbiamo navigato il Po perché per molti non è facile capire il valore che possono avere i rifiuti. Un dato: di circa 450.000 bottigliette in plastica prodotte da materia prima, ne vanno in riciclo solo 180.000”.
A questa iniziativa sono seguiti alcuni video che Gabriele Saluci ha realizzato per la campagna della Provincia di Torino intitolata “Beato chi la fa. Bene”, dedicata alla raccolta della plastica. Ma questi sono, per Gabriele, solo piacevoli intermezzi. L’obiettivo resta sempre il viaggio. Quale sarà il prossimo?
Vorrei andare in Vietnam perché è un connubio fra i paesaggi e le genti, che sono le due cose che più m’interessano durante i viaggi. Vorrei partire da qui e arrivare a Mosca in autostop, poi in Transiberiana arrivare a Pechino e con un motorino piccolo arrivare a Hanoi, comprare una vecchia moto e infilarmi in mezzo alla confusione”.
Contrattempi permettendo?
No, no” ribatte sicuro “contrattempi inclusi…”




 

 

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Il bel vizio di perdermi
Gabriele Saluci, studente in fuga (con la bici)
intervista di Nico Ivaldi


 

 

Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Gabriella Bernardi
Oscar Borgogno
Lorenza Castagneri
Andrea Di Salvo
Emanuele Franzoso
Genny Notarianni
Luigi Serrapica
Simone Schiavi


 

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