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Tradizioni in movimento

 

 

 

La festa patronale di Sant’Ippolito a Bardonecchia


di Federico Franceschini


La conca di Bardonecchia è un insieme complesso di elementi culturali, paesaggistici ed umani. Da un lato i manufatti legati all'attività dell'uomo; dall'altro tradizioni, feste popolari, utilizzi del tempo sacro che testimoniano la cultura di un luogo e ne rappresentano il vissuto più autentico.

La vita di un paese come Bardonecchia, che da semplice paese di contadini ed allevatori si è trasformato, dalla seconda metà dell'Ottocento, in uno dei principali poli turistici del Piemonte, è ancora scandita dalle molte feste religiose che una volta ritmavano il tempo del raccolto e il passaggio delle stagioni. Tra queste la più rilevante e quella tutt'ora più conosciuta, anche da chi non è originario di Bardonecchia, è senza dubbio la festa patronale di Sant'Ippolito. 

La festa che oggi si celebra il 13 di Agosto non è però quella che si celebrava durante il Medioevo o prima dei conflitti mondiali. È mutata col passare dei secoli e, pur mantenendo un legame con le antiche tradizioni, i motivi che hanno spinto la popolazione a celebrarla sono diversi da quelli per cui una volta la cittadinanza si riuniva in chiesa per pregare il suo protettore.

Le origini della festa patronale si possono far risalire al XV secolo, con la redazione delle regole della Confraternita di Sant’Ippolito, che includevano precise indicazioni su come vivere il giorno dedicato al santo patrono. 

Questo era un giorno pieno di eventi per la confraternita perché vi si concentravano molti momenti di rilievo. Si teneva una processione che si svolgeva prima della grande messa. Durante la giornata i confratelli si riunivano in un luogo prestabilito dai priori della confraternita, probabilmente ospiti nella casa di uno di essi, per un grande banchetto. 

Era il momento principe della giornata: venivano ammessi alla confraternita coloro che avevano passato positivamente il giudizio degli anziani; i priori e le altre cariche della congregazione dovevano rendere conto del loro operato durante il loro mandato e venivano elette le nuove cariche; veniva letto il regolamento della confraternita affinché vecchi e nuovi membri venissero a conoscenza del comportamento da mantenere durante la permanenza nell’associazione religiosa; venivano suddivise le spese della confraternita tra i vari membri; si ricordavano i confratelli defunti durante l’anno. A questa celebrazione i confratelli erano obbligati a partecipare e non erano ammessi estranei.

Con la dissoluzione della confraternita alla fine del XVIII secolo la festività divenne appannaggio di tutta la comunità continuando in parte gli antichi schemi della cerimonia della congregazione. Alla solenne messa che si celebrava la mattina, alla presenza di parroci e personalità dei comuni limitrofi e rappresentanti della diocesi, seguiva un grande pranzo intorno al quale si riunivano amici e parenti. La sera si poteva partecipare alla festa danzante organizzata dall’associazione dei giovani celibi (la gioventù) ed era la principale occasione di svago per i giovani del paese. Era usanza che i giovani individuassero il locale da attrezzare per la serata, prendessero contatto con i suonatori e a turno, come compenso, offrissero loro la cena. La serata era anche uno dei pochi momenti di aggregazione e favoriva la nascita di possibili unioni matrimoniali visto che la scusa del ballo permetteva a ragazze e ragazzi di conoscersi senza destare sospetti.

Questa situazione rimase per molti anni immutata, finché, con i lavori per la realizzazione del traforo del Frejus cominciati nel 1857, il paese di Bardonecchia cambiò strutturalmente e demograficamente. Per la realizzazione dell’opera furono chiamati più di duemila operai che si stabilirono nelle vicinanze del cantiere, ad un chilometro dal centro abitato. Questa distanza diede il via a quello che sarebbe poi diventato il Borgo Nuovo di Bardonecchia, chiamato così per distinguerlo dal Borgo Vecchio, il centro storico del paese. Collegati solo dall’attuale Via Medail, che allora si chiamava le grand chemin, l’identità dei due borghi si mantenne distinta ancora per molti anni. La popolazione della conca di Bardonecchia si ritrovò così investita dalla modernità, nella forma di nuovi commerci, nell’occupazione indotta dalla ferrovia e soprattutto dal nascente turismo che più di ogni altra cosa incise sulla vita del paese.

Questo sviluppo attirò gente da tutta la valle ed anche dal resto d’Italia che si concentrarono in maggioranza nel nuovo borgo. Questo trasformò la festa patronale in una celebrazione che comprendeva solo il Borgo Vecchio di Bardonecchia, abitato ancora per la maggior parte da autoctoni, e che solo dal 1947 fu considerata nuovamente come festa dell’intero paese.

L’organizzazione della festa  nella sua versione odierna ha origine nel secondo dopoguerra quando un’ordinanza del Comune ripristinò la festa patronale interrotta durante la guerra. 

La festività non era intesa solo come un sistema per ricreare lo spirito comunitario e sociale ma anche per tentare, una volta di più, di unire le due borgate, ancora socialmente e fisicamente separate. A questo scopo l’allora parroco di Bardonecchia, Don Bellando, decise di reintrodurre la figura dei priori, con qualche variazione. Per dare quel senso di unità che la celebrazione voleva esprimere si decise che i priori dovessero essere due, un uomo ed una donna, appartenenti uno a Borgo Vecchio e l’altro a Borgo Nuovo. In abito tradizionale, entrambi presenziano alla cerimonia religiosa del giorno della festa, oltre che a quelle di Natale e Pasqua, e coprono i costi per gli addobbi della chiesa il giorno di Sant’Ippolito.

Alla messa principale sono presenti, come già prima della guerra, personalità di tutta la Valle e alla fine della celebrazione religiosa i priori distribuiscono il pane benedetto. Dal 1956 il Comune organizza, la sera della festa, uno spettacolo pirotecnico sopra l’antico castello signorile della Tour D’Amun. La serata danzante non si svolge più al chiuso ma si è oggi spostata sulla piazza antistante la chiesa.

Oggi la festa patronale è diventata uno dei principali eventi estivi di Bardonecchia e ogni anno migliaia di persone partecipano all’evento, attirate dai giochi che si svolgono nel paese e che sono organizzati dalla gioventù locale. Un esempio lampante di come le tradizioni, lungi dall’essere monolitiche ed immutabili, siano invece malleabili e modificabili, simbolo di una società viva in continuo divenire.


Questo articolo ha ricevuto una menzione alla IX edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Cultura

 

 

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Hanno collaborato a questo numero:   

Nico Ivaldi

Gabriella Bernardi
Federico Carle
Alice Dominese
Federico Franceschini
Vanessa Righettoni
Debora Schellino
Alberto Tessa

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