È un personaggio cult su Facebook. Fa il cuoco a domicilio, cucina quello che trova mentre l'anfitrione guarda – e prende appunti
Intervista di Nico Ivaldi
Casalinghe (o casalinghi) disperate (o disperati) unitevi: se avete ospiti a cena e non sapete che pesci (o carni) pigliare, chiamate Manolo Chef. A voi il compito di fare la spesa, a lui di tradurre i vostri acquisti in un capolavoro di creatività e in un’esplosione di colori.
Manolo Murroni, detto Manolo Chef, personaggio cult su facebook per i suoi piatti coloratissimi e invitanti che spiattella ogni giorno sulla sua pagina, incurante degli estimatori con la bava alla bocca, è un gioviale trentottenne di Iglesias, da cui è partito giovanissimo per cercare fortuna nelle cucine del continente. Approdato a Torino dopo le necessarie esperienze all’estero, ha condotto per qualche tempo un ristorante in San Salvario, prima che vicissitudini extra-lavorative lo costringessero alla chiusura.
Consideri un ripiego fare il cuoco a domicilio?
“Per niente!” dice Manolo. “Mi diverto da morire. Faccio nuove amicizie e mi sbizzarrisco con i miei piatti.”
Quando arrivi nella casa dove dovrai cucinare, hai già in testa cosa preparare?
“No. È tutto a scatola chiusa. Devo lavorare con quello che trovo, è proprio quello il bello. Inventare qualcosa dal nulla”.
In quanto tempo?
“In due ore, due ore e mezzo realizzo un pasto completo, dall’antipasto al dolce”.
Nel frattempo che cosa fa il padrone di casa?
“Resta lì a guardare cosa faccio perché vuole imparare. In pratica, mentre cucino, spiego. E dunque oltre che cuoco a domicilio sono anche un insegnante a domicilio, consiglio ricette e correggo errori. Altre volte i commensali mi aiutano perché vogliono rendersi utili”.
E mangi con loro?
“Sono sempre invitato ma io non posso fermarmi: sono un professionista, non un ospite. È naturale che la risata ci scappa, mi piace mettere le persone a loro agio come accadeva nel mio ristorante. Ma nulla di più”.
Insomma, li abbandoni sul più bello…
“La cena è tutta loro, il mio compito è finito”.
Faresti il cuoco a domicilio a vita?
“Mi dà molta libertà questo sì, ma non è un lavoro garantito, non tutti se lo possono permettere. No, preferisco avere un ristorante tutto mio”.
Manolo, che cosa porti in una cucina, oltre ai tuoi attrezzi del mestiere?
“Forse emozione, entusiasmo, allegria, creatività, il colore dei miei piatti. Per me la cucina è vita e dunque i piatti devono essere colorati e non spenti. Prima l’occhio e poi il palato. Preferisco i piatti (intesi come stoviglie) colorati a quelli bianchi. Non serve fare i sofisticati”.
Chi sono i tuoi clienti, giovani o meno giovani?
“Mi capita di tutto”.
Raccontami un aneddoto del tuo lavoro di cuoco a domicilio.
“Un mese fa sono andato a casa di un avvocato che non sapeva cucinare, ma che avrebbe voluto imparare. Si è messo vicino a me, da bravo studente, con biro e blocco degli appunti, e ha voluto che gli spiegassi alcune regole basilari, del tipo come cuocere un uovo o come fare una bella panatura. Vicino a lui, anche moglie e figlio cercavano di non perdersi una sola parola…”
Non ti manca il ristorante?
“Non sai quanto! Aprirei anche subito un ristorante, magari all’estero, ho voglia di fare una nuova esperienza e la valigia è sempre pronta. Mi piacerebbe andare nel Nord Europa, a Vienna o a Dubai, dove ho molti contatti. Partirei anche domani mattina, senza pensarci. Andrei a fare la mia cucina o sviluppare le altre cucine, anche se, sentimentalmente non mi sposterei mai dalla mia terra”.
Che cucina fai?
“Tradizionale, ma rivisitata come dico io. Amo creare piatti nuovi, partendo appunto dal classico. Ti faccio un esempio: il classico spaghetti con le cozze io lo faccio con una crema di fasolari e gli spaghetti li faccio saltare con i pistacchi di Bronte e la bottarga. Parto dal classico e sprigiono tutta la mia fantasia”.
Conoscevi la cucina piemontese prima di venire qui?
“No, non la conoscevo. Ma ho imparato ad apprezzarla fin da subito. È una bella cucina, ma come tutte bisogna saperla interpretare. Ad esempio non è blasfemo abbinare uno stracotto di guancia di vitella cotto nel Barbaresco con un cannolo al parmigiano reggiano ripieno di una caponata alla siciliana fatta con le noci e spolverata con il cacao, credimi una delizia! Lo stracotto è uno dei miei piatti top, è sempre andato tantissimo. Il cacao sopra la salsa al Barbaresco è la morte sua”.
La bagna cauda puoi rivisitarla?
“Certo, io ci abbinerei il pesce. L’ho già fatta a casa mia e devo dire che è stata apprezzata. Il pesce da bagnare dentro potrebbe essere il calamaro grigliato o il gamberone o anche un pesce crudo. È una bomba. Rivisiterei anche il vitello tonnato, farei una salsa con il tonno fresco, alici di Cetara e maionese fatta con uova di quaglia e zafferano, usando capperi di Pantelleria. Come contorno metto i germogli, o di piselli o di porro, mi piacciono molto”.
Esiste un piatto che non si può rivisitare?
“No, per me no, tutto può cambiare. Volendo perfino il cacao col pesce, anche se bisogna starci un po’ attento. Il cacao, anzi le scaglie di cioccolato, lo abbinerei anche al risotto sul nero di seppia. Il salato/amaro si sposano bene”.
Da dove arriva la tua creatività?
“Sinceramente non lo so. Riesco a creare dei piatti al momento senza studiarli prima, è un azzardo lo so bene. Però è un rischio che mi è sempre andato bene. Più volte ho unito la cucina del nord con quella del sud: la mia proposta è conchiglioni di Gragnano con asparago di Santena, mentuccia di Pancalieri e pesce spada, direi che tutto si sposa”.
Natale si avvicina: qual è il tuo menù natalizio a un costo contenuto, diciamo sui 45 euro a persona?
“Spritz in gelatina, io il cocktail lo faccio mangiare. Come antipasto flan di topinambour, con crema al Castelmagno e miele di corbezzolo. Primo: agnolotto con farina di grano saraceno, un raviolo grande, ripieno di carne, speck tirolese e nocciole dell’alta Langa, condito con burro fuso aromatizzato alle nocciole. Secondo: sotto filetto flambato con cognac, con una crema di toma di Lanzo alle erbette fini. Contorno, ratatouille di verdure, completa e delicata. Dolce: granita ai cachi, prepara al dolce e pulisce il palato. Per il dolce, o andiamo sul caldo/freddo o su un tortino; io scelgo il caldo/freddo, un gelato alla mandorla fatto con latte di soia, con un caramello accompagnato da mini croissant appena sfornati. È un menu che va bene anche la notte di Capodanno.”
Ma a Natale sarai ancora qui a Torino?
“Non so ancora dove sarò per Natale o dopo. O può darsi che qualcuno mi chiami per aprire un ristorante a Torino. Ci spero sempre”.
Una ricetta speciale per conquistare una donna o un uomo?
“Propongo un menù di carne. Cose semplici ma di effetto (stile Cannavacciuolo, che è il mio mito), però leggermente stilizzate. Partirei con carne cruda, tartare di filetto con crema calda di pecorino e uova di quaglia. Poi, risotto al Castelmagno con miele a crudo, delicato e saporito. Come secondo andiamo su filetto di fassone fatto con cipolla rossa di Tropea caramellata o su Barolo o su Barbaresco (io preferisco il secondo), cottura media e vai. E come dolce propongo un tortino di mele con cannella e zabaione caldo all’arancia. Non consiglio amari, ma caffè e cognac o un buon whisky. Con questo menù non sbagli, fidati”.
Scommetto che l’hai già provato e ti è andata bene?
(Manolo Chef ridacchia dietro le lenti da studente secchione.)
Prima di lasciarti andare a preparare cena in casa di qualcuno, voglio sapere come fai la pasta al pomodoro: è così difficile prepararla perfetta?
“Il segreto sono gli ingredienti giusti, di qualità, Spaghetto 5, per me è tassativo, con pomodoro, foglia di basilico, cipolla di Tropea io ce la metto, olio evo, Parmigiano Reggiano. È la pasta al pomodoro perfetta”.
Torneresti in Sardegna?
“Mi piacerebbe, ma il gioco non vale la candela. Lavorerei cinque o sei mesi l’anno e poi starei fermo gli altri mesi. Meglio andare all’estero dove lavorerei tutto l’anno e guadagnerei il doppio”.