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Dalla fabbrica al set

 

 

 

 

Il nuovo volto di Torino


di Alberto Marzocchi e Giorgio Ruta


Si racconta che la notte, quando la città dormiva già da un pezzo, Gianni Agnelli guardasse Torino dalla collina e dicesse: “Si stanno riposando tutti. Pronti per andare a lavorare domani mattina. È una città perfetta per produrre macchine”. Torino, città fabbrica. Un milione di abitanti e una sola prospettiva: la Fiat. E nient’altro. Questo passava, forse, nella mente dell’Avvocato. E non solo nella sua. Anche Giulio Einaudi e Norberto Bobbio descrissero il capoluogo piemontese come un’ottima bottega per costruire. Tanto che, all'idea che potesse darsi un volto turistico, storsero il naso: “Ma figuriamoci! Non è nel dna dei nostri concittadini”.

Torino, da quando nel 1899 un gruppo di notabili fondò la grande fabbrica di automobili al caffè di madama Burello in corso Vittorio Emanuele, è stata la città della Fiat. Ma negli anni Novanta si aprirono le prime crepe nel gigante: nell’ultimo decennio del Novecento la Fiat passò dal secondo al settimo posto nella classifica delle case automobilistiche nel mercato europeo. Torino, senza il Lingotto, per molti era un incubo. Per la maggior parte, la fine. 

Nel 1997 la storia di Torino passò da una campagna elettorale dai toni duri: da una parte il candidato del centrosinistra, il sindaco uscente Valentino Castellani, dall’altra Raffaele Costa, liberale, rappresentante del centrodestra. Entrambi, dai rispettivi palchi, fotografando il clima di paura, avevano una consapevolezza: “Il vincitore avrà il compito di gestire nel modo meno doloroso possibile l'inevitabile declino”. E gli oneri furono di Castellani che, salito per la seconda volta a Palazzo di Città, dovette dare le prime risposte.

Eravamo coscienti, racconta Fiorenzo Alfieri, che faceva parte di quella giunta, che c’erano gli elementi per rinnovarci: dalla cultura al turismo alla formazione”. Una delle strade che la città percorse, tra le altre, fu proprio quella del cinema. “A facilitare lo sviluppo di questo settore erano già presenti alcuni pilastri fondamentali”, ricorda Alfieri. “Nel 1982 nacque il Festival Cinema Giovani, l'attuale Torino Film Festival, che sin da subito riempì le sale. All'università, il professore Gianni Rondolino avvicinava al grande schermo intere generazioni di studenti. Infine, l'enorme patrimonio che poi sarebbe diventato il Museo del cinema che conosciamo oggi”. 

Peppino Ortoleva, docente di nuovi media all’Università di Torino, ne è sicuro: “Il cambio di passo, dal punto di vista della cultura e della produzione cinematografica, c'è stato”. Per il professore, con il Lingotto sull'orlo del baratro, si era davanti a un bivio: “O si sprofondava con l’industria o ci si reinventava. Con la Fiat in crisi è stato più facile capire che si doveva, e poteva, puntare su qualcos'altro”.

Il ’97 fu un anno importante: Gianni Amelio girò proprio a Torino Così ridevano e vinse il Leone d'Oro al Festival di Venezia. Ambientato negli anni Cinquanta, nelle viuzze del centro storico. “Lì è scattato qualcosa nella testa dei torinesi, spiega Davide Bracco, direttore della Film Commission, che si sono accorti che il cinema poteva assicurare ripercussioni economiche”. E così si mise in moto la macchina che portò nel 2000 a una veste più stabile per la commissione, un ente che tuttora finanzia le produzioni sul territorio. 

A Torino, da quando è in crisi la Fiat, sono stati girati più film che a Milano, invertendo così uno storico rapporto che vedeva dominare, da sempre, il capoluogo lombardo. Soltanto nel 2013 sono stati realizzati in Piemonte 12 film e 5 fiction, per un totale di 115 settimane di lavoro. Sono stati impiegati 596 tecnici locali, 72 attori e 6080 comparse. Una ricaduta sul territorio inimmaginabile fino a qualche anno prima: 15 milioni di euro spesi in Piemonte dai produttori. Ristoranti, hotel e piccole aziende sono i veri beneficiari di questa crescita: “Quando arrivano, le grosse produzioni hanno bisogno di molti servizi che vengono forniti dalle imprese locali” osserva Bracco. Dal 2001 al 2011, tra film, fiction e documentari, sono 434 i lavori realizzati in Piemonte, con una ricaduta nell'economia regionale di quasi 316 milioni di euro.

Quella scelta di investire nel mondo del cinema, fatta anni prima, dà i primi frutti: “Grazie soprattutto alle fiction televisive Vivere e Centovetrine si sono formati centinaia di tecnici specializzati nel settore”, spiega Bracco. “È stata una delle nostre fortune: molte aziende cinematografiche oggi scelgono il Piemonte perché sanno di poter contare su questi ottimi professionisti”. Infatti, quando una produzione gira in Piemonte, pesca il sessanta per cento del personale della troupe nel territorio. “E poi, continua, abbiamo a disposizione delle bellezze architettoniche e paesaggistiche che attirano gli investitori della pellicola”. 

Il cinema è stato anche lo strumento per ristrutturare edifici storici: “Abbiamo lavorato molto bene con la Soprintendenza, racconta il direttore della Film Commission, che si è mostrata lungimirante, mettendo a disposizione antiche residenze. Le produzioni le hanno scelte come location per i propri film e con il canone che queste hanno pagato è stato possibile rinnovare un patrimonio che difficilmente sarebbe stato recuperato con i soldi pubblici”. 

Dal cinema al turismo il passo è breve. Lo sostiene l'assessore regionale Alberto Cirio(*): “I luoghi in cui sono ambientati i film rimangono nella mente degli spettatori. Quelli girati in Piemonte, per esempio, fanno conoscere la bellezza della nostra Regione. Per questo non possiamo che dirci contenti per il notevole sviluppo della cinematografia”.

Il sistema, nonostante la congiuntura economica degli ultimi cinque anni, sta tenendo. Da una parte il numero di film prodotti resta mediamente alto. Merito della Regione, che continua a stanziare fondi per la Film Commission; e di quest'ultima, che è capace di attirare produttori e registi. Dall'altra parte lo spirito della città per la cultura cinematografica è ancora vivace. Il Politecnico forma ogni anno ingegneri specializzati; il Tff, sotto la guida di Paolo Virzì, ha incrementato il proprio pubblico del 30% e il Museo Nazionale del Cinema rimane tra i più visitati d'Italia. Quel museo in cui il custode Martino si innamorava di Amanda in Dopo Mezzanotte di Davide Ferrario,  film italiano tra i più apprezzati negli ultimi anni, che con i suoi premi ha dato maggiore fama alla collezione ospitata all'interno della Mole Antonelliana. 

Lì, dalla collina da cui l'Avvocato vedeva la città dormiente, oggi si intravedono le luci dei set sparsi per le vie di Torino. Dal parco del Valentino al quartiere del Quadrilatero, troupe indaffarate per un altro film riprendono la città. Nuove stelle all'ombra della Fiat. Sotto il cielo di Torino, ai visionari che hanno creduto al cambiamento nella città fabbrica, spunta il sorriso di chi ci ha visto bene. 


 

Questo articolo ha vinto il secondo premio alla VII edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Economia e Artigianato

 

 

 


(*) L'articolo è stato scritto nel 2013, quando era ancora in carica la precedente Giunta regionale

 

 

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Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Alberto Cesare Ambesi
Gabriella Bernardi
Oscar Borgogno
Fabrizia Galvagno
Alberto Marzocchi - Giorgio Ruta
 

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