Il cuore di Settimo è, letteralmente, la sintesi della storia e della vocazione innovatrice della città
di Viviana Vicario
A sette chilometri dalla metropoli piemontese, c’è una città dinamica e produttiva. I suoi stessi abitanti, consapevoli della volontà che Settimo Torinese ha di costruire il futuro, la rispettano e s’impegnano ogni giorno, perché il seme dell’innovazione proliferi in un territorio che, da sempre, ne è fertile.
Sono molti gli esempi d’impianti e progetti innovativi che risiedono e si sono svolti proprio qui, a Settimo. Dallo stabilimento a emissioni zero super moderno dell’Oréal, inaugurato lo scorso giugno, a quello che, alla fine dell’Ottocento, fu il livello di aerazione del Mulino Nuovo, dove attualmente ha sede l’Ecomuseo del Freidano.
Ma è piazza Campidoglio ad aggiudicarsi il primato assoluto d’innovazione targata Settimo Torinese. Questa piazza è ora il centro nevralgico della vita sociale e della cultura settimese, rappresentata da “Archimede”, una fra le biblioteche multimediali più innovative d’Italia.
Essa accoglie in silenzio le risate di bambini, che nelle giornate estive giocano a rincorrersi; offre un muretto dove sedersi agli avidi di cultura che, usciti dalla biblioteca, hanno fretta di tuffarsi nella lettura del nuovo libro appena preso in prestito; riflette le ombre lunghe degli innamorati di diverse generazioni, che passeggiano mano nella mano sul finire del giorno.
Piazza Campidoglio fa da sfondo a queste poetiche immagini di vita quotidiana. Non proprio lo stesso sfondo percepito dagli occhi dell’osservatore d’inizio Novecento, di fronte ai quali sbuffava il fumo della famosa ciminiera della Paramatti, e i suoi operai andavano e venivano in un ritmo frenetico, con viso e corpo consumati dal duro lavoro quotidiano. Era una fabbrica innovativa. Fondata nel 1849, la Paramatti è al centro di una storia di vite legate dal destino, e ricucite dallo stesso.
È La nascita di una piazza, docufiction promossa dall’associazione culturale “Enzo Filippone”, dalla fondazione ECM e realizzata dalla Mao Film, a trattare proprio questa storia. In due anni e mezzo di lavoro, tra ricerche storiche, riprese e montaggio, il team ha saputo realizzare un cortometraggio completo, ora parte dell’archivio del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Il lavoro è stato alimentato dalla voglia di raccontare questo spaccato di storia settimese, che lega i destini dei soci Ernesto Ratti e Annibale Paramatti, fondatori dell’omonima fabbrica di vernici, a quello di Enzo Filippone, l’architetto che ha progettato piazza Campidoglio, che come i soci della Paramatti, non ha mai visto terminare la sua opera. “Il nostro team è formato da persone che prima di intraprendere quest’avventura non si conoscevano. Il rapporto di cooperazione e amicizia che è nato nel corso delle riprese è stato incentivato dalla crescente voglia di raccontare, che oltre a unirci sempre di più, ci ha spinti a completare insieme questo lavoro. Ci tenevamo a celebrare Enzo Filippone: non un semplice architetto, ma un vero e proprio genio creativo, che oltre a possedere innate qualità artistiche, le metteva al servizio della comunità con impegno. Dal suo viso traspariva sempre l’espressione umile di un uomo che ha saputo crearsi da solo il proprio futuro. Settimo deve molto alla sua figura e noi, grazie a questa docufiction, abbiamo saputo commemorarlo attraverso quello egli, con ogni probabilità considerava il suo miglior progetto: piazza Campidoglio” spiega Carmelo Velardo, dell’associazione Filippone.
In un’atmosfera scandita dal ticchettio di un orologio, il cortometraggio inizia con un viaggio in locomotiva, che segna l'immaginario arrivo dei soci nella Settimo dei giorni nostri, intenzionati a ritrovare la loro fabbrica. I due soci dialogano con Giulia e Federica, gemelle e figlie di Enzo Filippone.
“Scusi, stiamo cercando Borgata Campidoglio” chiede Annibale Paramatti a Federica.
“Beh, in effetti questa è piazza Campidoglio” risponde lei.
L’origine di questa affermazione risiede nella lunga storia della fabbrica. Si trovava in Borgo Campidoglio, a Torino, e portava il nome dei due soci “Ratti & Paramatti”. A causa del nuovo piano regolatore d’ampliamento imposto dal Comune di Torino nel 1882, la fabbrica si sarebbe dovuta trasferire oltre le mura della città. La Paramatti resistette nella borgata il più possibile, ma agli inizi del Novecento, arrivò il momento di lasciare la città in espansione. Nel 1913 fu inaugurato a Settimo il nuovo stabilimento in quella piazza che ora porta il nome di borgata in cui affondavano le radici della Paramatti.
Il filmato continua e le gemelle mostrano ai due storici imprenditori con quale cura dei dettagli il padre, l’architetto Filippone, ha preservato la storia della Paramatti. Alcune tracce inconfondibili ne sono la testimonianza: i mattoni della ciminiera sono stati utilizzati per costruire la biblioteca Archimede; le colonne che sorreggono gli edifici progettati da Filippone, invece, sono identiche a quelle che un tempo si trovavano all’interno dello stabilimento.
Non mancano i riferimenti storici, supportati da una serie di filmati d’epoca che si alternano ai pezzi recitati. In particolare va citata una pellicola datata 1922, trovata dai realizzatori del corto nell’Archivio del Museo del Cinema. Essa mostra, oltre a una panoramica visione di una Settimo Torinese di quell’epoca, il lungo processo di produzione di vernici e pennelli eseguito dagli operai nella famosa fabbrica e suddiviso in fasi di produzione. Il video, realizzato con ogni probabilità a fini promozionali, è un concreto esempio dell’aria colma d’innovazione che si respirava nella Paramatti. Quale fabbrica si sarebbe messa, agli albori del cinema, a creare un filmato di trenta minuti che mostrasse il lavoro che stava dietro al prodotto finale? Non bastava la pubblicità cartacea? No. La Paramatti doveva essere un passo avanti con i tempi. Proprio come quando, nel 1896, inventò lo Psicroganoma, detto anche “Il soffio che risana”. Si trattava di uno smalto nuovo, antisettico e disinfettante, in grado di risanare i muri rovinati da umidità ed esalazioni varie. Proprio grazie a questa invenzione, la Paramatti si conquista un posto nel settore delle vernici per l’edilizia.
Fu proprio davanti alla sua piazza Campidoglio che l’architetto, quando ormai non ci fu più nulla da fare, cadde e posò le sue mani a terra, gli occhi rivolti verso la piazza. Il genio settimese riuscì a vedere finito soltanto il 70% della piazza, in quanto venne a mancare il 29 marzo 2010.
Le ultime scene di La nascita di una piazza sfilano davanti agli occhi dello spettatore, emozionato alla vista della targa commemorativa mostrata dalle due figlie e posta in onore di Enzo Filippone in piazza Campidoglio.
Scolpite nella pietra si leggono le parole con cui Settimo ha deciso di portarsi Enzo nel cuore: “…e qui si fermarono le mie mani”.