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Un paese come tanti?

 

Barengo, ai piedi della collina...

 

 

di Cristian Daniele Mazzei


Barengo è un piccolo borgo arroccato ai piedi di una collina, con un castello a dominare il centro abitato. Vi si arriva tramite una strada provinciale che passa tra risaie e campi coltivati. Sono assenti fabbriche ed industrie, le uniche attività attualmente di rilievo sono l'agricoltura, con coltivazioni di grano, mais e riso. Anche l'allevamento risulta quasi del tutto in disuso ormai: si contano molte stalle vuote, anche all'interno dello stesso paese. Stalle un tempo occupate da mucche e suini, allevati in modo nostrano e sicuramente più in salute degli attuali allevamenti in batteria, ma con l'effetto collaterale di spargere cattivi odori nelle zone limitrofe, anche tra le stesse vie centrali, come si può immaginare. Restano ancora in paese piccole colonie di galline, allevate da proprietari quasi sempre anziani solo per uso personale. 

La popolazione del posto è scesa vorticosamente negli ultimi sessant'anni: dai 1500 abitanti degli anni Cinquanta si è scesi ai circa 850 attuali. Sono scarsi i servizi, pochissimi i negozi  - ormai ridotti a un tabaccaio-cartoleria e un minimarket di alimentari. Il paese è anche abbastanza isolato, avere un'auto è d'obbligo. Non esiste trasporto pubblico alcuno nei giorni festivi, in quelli feriali invece vi è un debole servizio di corriere poco usate e costose. 

Sono parecchi quelli che hanno deciso di emigrare verso altre città, regioni, o in qualche caso persino Paesi esteri, alla ricerca di comunità più accoglienti. Anche le scuole elementari hanno tristemente chiuso i battenti per la mancanza di bambini, i pochi rimasti sono dirottati verso le unità didattiche dei paesi vicini. Quelle che erano le scuole sono diventate un edificio vuoto, ampiamente abitato nel sottotetto dai piccionii. La scuola materna accoglie ancora un limitato numero di frugoletti, ma non è più gestita dalle suore come avveniva da tempi immemorabili: anche loro sono state destinate altrove dal loro Ordine.

Alle spalle del borgo sorgono colline coperte da boschi e attraversate da una fitta rete di stradine sterrate collegate tra loro un po' come lo schema della circolazione sanguigna. Dalla parte opposta invece si distende un'ampia pianura di campi coltivati e qualche residuo boschivo. Negli ultimi due decenni si è assistito ad una vera e propria mattanza di alberi: la deforestazione qui ha dimostrato di non essere solo un argomento riguardante l'Amazzonia. 

Sono diverse le cascine, alcune delle quali ormai disabitate e di cui almeno un paio sperdute ed isolate nella campagna, come il cascinale Molino Vecchio, sfitto da almeno trent'anni e raggiungibile dopo circa due chilometri e mezzo di strada di campagna: si può solo immaginare quanto tale distanza paresse ancora più lunga in un’epoca in cui  la gente si spostava per lo più a piedi e le famiglie contadine avevano pochi contatti con la comunità locale. Non a caso in alcune di esse sono presenti anche forni in muratura per cuocere il pane per la necessità di autosufficienza alimentare. Rimangono altri ampi caseggiati, talora complessi di diverse abitazioni ormai del tutto in rovina e prossimi al crollo.

Sono pochi gli animali selvatici, la distruzione del loro habitat li ha portati all'estinzione o a migrare altrove. Quasi impossibile ormai vedere un capriolo o un cinghiale. Rimangono lepri e fagiani, poiché introdotti nell'ambiente all'inizio della stagione venatoria, quando il paese diventa meta di cacciatori accompagnati dai loro segugi. Ormai scarsa è anche la presenza di pescatori, forse scoraggiati dalla  siccità estiva in aumento di anno in anno; e forse anche dalla scarsa popolazione di pesci nei laghetti oggi tutti privati. 

Nonostante lo spopolamento del paese, negli ultimi due decenni non sono mancate le opere pubbliche come il rifacimento totale dell'illuminazione urbana e l'inaugurazione della nuova biblioteca. E il monumento alle cicogne. Già, le cicogne, nota degna di importanza per la popolazione locale. Una coppia di questi grossi pennuti aveva fatto il nido sulle braccia tese del Cristo Salvatore, la statua sulla navata centrale della chiesa principale del paese, a metà degli anni Novanta. L'intenzione del parroco di rimuovere il nido era stata vinta dalla resistenza del sindaco e della giunta comunale che si fecero portavoce della volontà di salvaguardare i rari animali, poi divenuti mascotte del paese. Vi furono servizi della televisione locale, e in almeno un paio di occasioni le cicogne furono il simbolo di una delle liste presentate alle elezioni comunali. Anche un ampio parco privato ai limiti del paese e usato per matrimoni ed eventi simili ha assunto il nome di "Parco le cicogne". Tuttavia il monumento alle cicogne è stato anche oggetto di aspre critiche e da alcuni bollato come mero spreco di denaro pubblico. 

Notevoli sono stati anche i lavori di rinnovamento del parco giochi pubblico, anche in questo caso, però, criticato in quanto a detta di alcuni "si è rinnovato il parco per i bambini, quando ormai non vi sono più bambini"

Altri elementi di spicco del paese solo il castello quattrocentesco (oggi abitazione privata) al quale nel Settecento fu aggiunta una parte nuova oggi nota come "la villa", altre chiese e cappelle, le iniziative organizzate dalla Pro Loco, i mercatini natalizi, la festa patronale, il vino locale, la squadra di calcio del paese. E Giampiero Boniperti, l'ex calciatore e presidente della Juventus, nativo del paese.

Un paese tranquillo, ma in declino. Negli ultimi anni si è ipotizzato anche un declassamento da Comune a frazione, cosa che probabilmente diverrà inevitabile se continuasse il calo demografico.

Ma resta comunque il mio paese.


Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura, Storia e Ambiente

 

 

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Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Gabriella Bernardi
Emanuele Franzoso
Cristian Daniele Mazzei
Valentina Roberto
Mila Shamku

 

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