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Sagre e paesaggio

 

 

 

Il metodo Nomaglio-Carema


di Elisa Viglio


Sagre autentiche, sagre farlocche. Ovunque in Italia si vanno moltiplicando le sagre dedicate a questo o a quel prodotto, tipico o meno. Dato il quasi assicurato successo di pubblico, è questo un metodo certo, per i Comuni, le Pro Loco o i comitati organizzatori di turno, per fare cassetta. È così che nascono alcune sagre dedicate a prodotti che i nostri nonni non hanno mai visto sul territorio in questione, o ad altri prodotti, pur tipici dell’area, che, si scopre, sono acquistati per l’occasione a centinaia di chilometri di distanza. Ma ci sono anche sagre, di origine più o meno antica, autenticamente votate alla valorizzazione di un prodotto veramente tipico e, di conseguenza, del territorio e delle persone che a questo prodotto dedicano le proprie energie da generazioni. Fra queste ci sono la Sagra della Castagna di Nomaglio e la Festa dell’Uva e del Vino di Carema. 

Siamo in Canavese, ai confini con la Valle d’Aosta. La Festa dell’Uva e del Vino di Carema, che ha celebrato nel 2012 la sessantesima edizione, è piuttosto nota per la propria storia e per la qualità del prodotto, il Nebbiolo Carema, che da ormai quarantacinque anni ha ottenuto la Doc e che è sempre più richiesto anche oltreoceano. Dopo anni in cui ad organizzare la sagra era un’associazione che puntava più all’incasso che alla valorizzazione, dal 2005 l’amministrazione comunale, sotto la guida del tuttora sindaco Giovanni Aldighieri, ha ripreso in mano la Festa, apportando alcune novità dapprima osteggiate da molti, fra cui la collaborazione con l’Enoteca della Serra di Roppolo per consentire una variegata offerta di vini, ma giungendo poi a coinvolgere attivamente la cittadinanza e le associazioni del paese, fino alla nascita della Pro Loco. 

Oltre ai numerosi eventi collaterali e al crescente successo di pubblico, la Festa dell’Uva e del Vino di Carema ha portato al paese notevoli vantaggi. Innanzi tutto, frequentare la sagra permette ogni anno a molti visitatori di conoscere l’antico borgo medievale, lontano dal massiccio passaggio di veicoli sulla Statale 26 ma scrigno di tesori fra cui la fontana pubblica del 1571 con iscrizioni latine, la cappella della Confraternita del Santissimo Sacramento, che in fase di recente restauro ha portato alla luce sulla facciata una meridiana bifacciale del 1664, la torre medievale degli Ugoni, antichi feudatari, e la Gran Masun, casaforte altomedievale, storico luogo di amministrazione della giustizia e custode delle riserve vinicole dei signori del borgo. Il tutto nello straordinario scenario paesaggistico dei vigneti ricavati sulle pendici della conca naturale caremese. 

Proprio sul fronte paesaggistico i benefici della Festa dell’Uva e del Vino sono ben visibili: un’attenta campagna di sensibilizzazione da parte dell’amministrazione comunale, concretizzatasi tra l’altro nella presentazione nel 2005 di tre progetti poi finanziati dal Distretto dei Vini Piemonte Nord, ha portato a una nuova valorizzazione della sagra, anche tramite una specifica cartellonistica ed altro materiale informativo, ma soprattutto alla realizzazione del Sentiero dei Vigneti, oggi ancora più frequentato grazie al parziale sovrapporsi alla Via Francigena di Sigerico, e al recupero di centinaia di pilun in pietra e calce che, oltre ad essere meglio inseriti nel contesto rispetto alle moderne versioni in cemento, hanno il compito di trattenere il calore durante il giorno per restituirlo ai grappoli di notte. Di pari passo, l’atteso appuntamento del sabato di sagra, “Andar per cantine antiche”, ha spinto i proprietari a prendersi nuovamente cura delle proprie cantine, veri gioielli da tempo abbandonati ed ora tornati all’antico splendore, dove i visitatori possono degustare i migliori vini dell’alto Piemonte presentati da esperti sommelier.

Più recente, ma già apprezzata da un sempre più ampio pubblico, è invece la Sagra della Castagna di Nomaglio, ideata nel 1997 dal sindaco caremese Aldighieri in veste di assessore dell’allora Comunità Montana Dora Baltea Canavesana per valorizzare una castanicoltura da sempre radicata nella tradizione di Nomaglio, paesino montano di soli trecentoventi abitanti, ben duecento dei quali collaborano ogni anno con l’amministrazione comunale del sindaco Ellade Peller alla buona riuscita della manifestazione. La sagra è dunque divenuta l’annuale vetrina per premiare e mettere in luce il costante ed instancabile lavoro di chi durante tutto l’anno cura i propri castagneti, proseguendo la tradizionale produzione e mantenendo in buona salute i boschi sulle pendici del monte. La Sagra della Castagna ha permesso, grazie a un iniziale contributo della Comunità Montana e al costante impegno dell’amministrazione e della popolazione, di recuperare l’essiccatoio e di rimettere in funzione l’antico mulino per la produzione della farina di castagne, realizzando l’Ecomuseo della Castagna, che sta suscitando sempre maggiore interesse anche da parte delle scuole, interesse che si concretizza in numerose attività didattiche alla riscoperta dell’ambiente e della cultura materiale del territorio.

Proprio la passione instancabile e la capacità di rendere partecipe l’intera cittadinanza accomunano le amministrazioni dei due paesi, dando vita a quello che l’assessore all’agricoltura e alla montagna della Provincia di Torino, Marco Balagna, ha battezzato il “metodo Nomaglio-Carema”. Certo gli ostacoli non mancano. 

Se i castagneti di Nomaglio sono minacciati dall’infestante cinipide, ora combattuto con la lotta biologica tramite il rilascio dell’antagonista Torymus sinensis, a Carema l’attuale superficie a vigneti è pari a un terzo di quella di inizio Novecento, e alla sempre maggiore richiesta di prodotto non si riesce a far fronte neanche con il recente nuovo interesse da parte dei giovani, caldeggiato dalla locale Cantina dei Produttori di Nebbiolo. D’altro canto, anche la legislazione non aiuta: “In Piemonte, spiega il sindaco Aldighieri, gli spazi e le proprietà sono mediamente vasti, e di conseguenza i contributi pubblici sono concessi soltanto a partire da una certa metratura, escludendo automaticamente i piccoli proprietari, che nella maggior parte dei casi non possono nemmeno pensare di unire più possedimenti a causa degli elevati costi degli atti notarili riguardanti le proprietà terriere. In Valle d’Aosta, dove la situazione geografica e terriera è la stessa che si trova a Carema, sono stati promulgati specifici regolamenti per il sostegno alle piccole proprietà”. Alla luce di questo e di molti altri elementi di comunanza, il Comune di Carema si è ormai da anni pronunciato, con un referendum dall’esito più che netto, in favore della propria annessione alla Regione autonoma Valle d’Aosta. Peccato che l’esito del referendum, il cui accoglimento costituirebbe un precedente potenzialmente esplosivo soprattutto in riferimento alla situazione dell’Italia nordorientale, giaccia tuttora inerte nei meandri della giustizia italiana.

In attesa di vedere come si svilupperanno le vicende istituzionali di Carema e degli altri piccoli Comuni, ora chiamati a scegliere il proprio destino per gestire in forma associata le proprie funzioni, un elemento resta fuori da ogni dubbio: l’identità culturale, che nessun accorpamento amministrativo potrà cancellare, ma che resterà viva e attiva grazie alla passione e al coinvolgimento di cui il “metodo Nomaglio-Carema” è un così valido esempio.


Questo articolo ha vinto ex aequo la VI edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Cultura, Storia e Ambiente

 

 

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 Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Oscar Borgogno
Chiara Clausi
Lucilla Cremoni
Michela Ferrara
Elisa Viglio

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