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Supervulcani ed eretici

 

 

 

 

La Sesia fra geologia e storia


di Michela Ferrara


La Sesia divide il Vercellese dal Novarese e dà il nome alla Verde Valle del Monte Rosa: è un fiume a regime torrentizio e coloro che abitano le sue sponde ne ricordano soprattutto le büre violente con strade e ponti spazzati via dalla furia delle acque, o sommersi da valanghe di detriti trascinati dalla corrente. Il fiume merita però un’attenzione ben diversa: la sua storia è infatti piena di racconti ancora da divulgare.

Le sorgenti della Sesia si trovano tra i ghiacciai perenni del Monte Rosa. Attorno ai 4500 metri di altitudine, in zone spesso avvolte dalla nebbia, la fantasia si scatena: i rumori prodotti dai ghiacci che si spaccano sarebbero i rimproveri delle anime dei morti, adirate per i peccati dei vivi. Dal ghiacciaio, le acque precipitano verso Alagna, l’insediamento noto per la piccola comunità walser che ospita - o che ospitava: alcuni ritengono infatti che i depositari dell’antico dialetto alto-tedesco, discendenti del nucleo giunto in valle durante il Medioevo, siano ormai estinti e presumibilmente sostituiti dagli impianti sciistici. 

In Alta Valle, mentre i vertiginosi pendii innevati attirano frotte di appassionati, le rapide diventano un’attrattiva per gli amanti degli sport da brivido, tant’è che una decina d’anni fa vi si sono svolti i campionati europei di kayak. Che i mulinelli siano dovuti allo strano percorso del fiume? 

In effetti, fra Scopello e Balmuccia la Sesia segue l’andamento della Linea Insubrica, la fascia d’incontro delle placche europea e africana che generò le Alpi e, dal comune di Scopa fino al termine della Valsesia, attraversa ciò che resta di un vulcano attivo circa 280 milioni di anni fa, emerso proprio grazie al contatto fra le placche continetali. In una recente pubblicazione il geologo Silvano Sinigoi dell’Università di Trieste spiega che “a Ovest del Lago Maggiore... lo scontro è stato quasi frontale: la crosta africana si è piegata verso l’alto, facendo risalire le sue parti più profonde come un ricciolo di burro spinto da un cucchiaio.” In questo modo “il ripiegamento... ha verticalizzato la crosta portando alla luce le sue parti più profonde. È stata l’orogenesi alpina... a far sì che oggi, risalendo la Valsesia dalla pianura a Balmuccia possiamo camminare sopra rocce che tanto tempo fa si trovavano a profondità crescenti fino a 25 chilometri, permettendo di osservare cosa succedeva sotto il vulcano durante l’eruzione... non ci sono altri posti al mondo che offrano questa opportunità.” 

La scoperta, dovuta al trentennale lavoro del geologo James Quick della Southern Methodist University di Dallas, ha chiarito l’origine degli affioramenti visibili lungo le sponde del fiume e, grazie alla ricerca scientifica, è possibile studiare in modo del tutto particolare l’evoluzione delle eruzioni. Ecco perché, percorrendo queste zone, ci si imbatte spesso in gruppi di geologi provenienti da tutto il mondo intenti a prelevare campioni di rocce: possono farlo senza scendere in profondità.

Alla confluenza del torrente Mastallone con la Sesia si incontra Varallo, la capitale religiosa della Valle. Il suo Sacro Monte è fra i più antichi d’Italia; sorse infatti alla fine del Quattrocento per volere del francescano Bernardino Caimi di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme. Per rendere comprensibili i fondamenti della fede, nel corso di due secoli sono state erette quarantacinque cappelle che rappresentano alcuni miti della Bibbia e la vita di Cristo; qualcuno sostiene che, al chiaro di luna, le statue e le pitture si muovano...

Ai piedi dell’altura, il Mastallone si snoda fra insenature in cui non è raro scorgere pescatori in attesa di trote e temoli. Più a valle, le attività legate al turismo sono gradatamente sostituite da quelle industriali e troviamo il Parco del Monte Fenera, un massiccio calcareo che sfiora i mille metri. Si formò ai tempi in cui la Pianura Padana era un mare e, sul fondo di una laguna, i detriti si ammassarono a formare l’altura che ora si eleva solitaria alla periferia di Borgosesia. Frequentato in epoca preistorica dagli uomini di Neanderthal, anche l'estate scorsa l’Università di Ferrara vi ha condotto una campagna di scavi volti allo studio della vita dei primitivi che abitavano le sue grotte. Sul Fenera si raccontano anche storie che sconfinano nella favola, fra cui quella che fa risalire il suo nome a “monte delle fate e delle streghe”. In effetti i pinnacoli, le grotte e i boschi regalano atmosfere incantate, e chi sa cogliere la magia della natura ritiene non del tutto falsa questa pittoresca etimologia.

Ai confini della Valsesia il fiume costeggia i luoghi che videro le battaglie di Fra’ Dolcino, il noto eretico del Trecento, menzionato pure da Dante e sulle cui mitizzate vicende e tragico epilogo abbondano le pubblicazioni. La fine dell’eretico, per quanto terribile, non fu diversa da quella di altri predicatori scomodi e, dopo anni di scontri armati, nel 1307 Dolcino e la sua compagna Margherita vennero catturati e condannati al rogo. Poco più di cinquecento anni dopo, sulle colline di porfido dell’antico vulcano, tra Gattinara e Romagnano Garibaldi percorse i loro stessi sentieri: combatteva per l’unità d’Italia ed ebbe migliore fortuna.

Oltre la zona collinare in cui prospera il Nebbiolo, i segni dell’antico vulcano si stemperano e la Sesia si snoda tra le pianure della Bassa, dove offre le sue acque alla coltivazione del mais, della soia, del grano e del celebre riso di Baraggia. Ultimamente si assiste a stravaganze quali la coltivazione del riso all’asciutto e la semina in luna calante: le acque della Sesia e quelle del Canale Cavour però continuano a invadere le risaie e, in primavera, riescono ancora a trasformare la pianura in specchi quadrati di cielo. L’avvento della meccanizzazione e l’uso di prodotti chimici hanno portato a un aumento ragguardevole della produzione e della superficie coltivata restringendo a pochi lott limitrofi al fiume la vegetazione arborea ma, almeno nel Parco Naturale delle Lame del Sesia, i boschi ricevono tutela. Qui le acque pigre, spesso mescolandosi alle nebbie, sono solcate dai germani reali. Sotto la superficie, i lucci cercano la preda: sono i pescecani d’acqua dolce, la loro dentatura è impressionante e si favoleggia di esemplari lunghi un metro in grado di catturare le anatre trascinandole sott’acqua; di imprese di pescatori di frodo e di guardiapesca gabbati e, ancora una volta, la realtà si confonde con la fantasia.

Più avanti, distesa fra la pianura rovente in estate e avvolta nella nebbia in inverno, la Sesia si getta nel Po dopo aver bagnato le terre lombarde e conclude il suo avventuroso percorso attraverso vulcani, uomini e leggende.


Questo articolo ha ricevuto una menzione alla VI edizione del Premio Piemonte Mese -  Sezione Cultura, Storia e Ambiente

 

 

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 Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Oscar Borgogno
Chiara Clausi
Lucilla Cremoni
Michela Ferrara
Elisa Viglio

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