Sergio Donna – Una storia di cioccolato
Luigia Casati e Giovanna Sorrentino – C'era una volta la Venchi Unica
Associazione Monginevro Cultura 2013, 168 pagine
Dire che la Venchi Unica è stata parte integrante, e significativa, della storia moderna di Torino può sembrare un'ovvietà. Ma lo è solo per chi appartiene a una generazione che della tradizione industriale di Torino ha avuto contezza diretta. Per forza di cose, sono sempre meno le persone che andando al Lingotto pensano in primo luogo alla fabbrica e non al contenitore di grandi eventi, e questo vale in generale per l'archeologia industriale, sia quando gli edifici sono abbandonati sia quando sono stati restaurati e rifunzionalizzati. E se è fondamentale trasmetterne la memoria storica, soprattutto alle generazioni più giovani, lo è ancor di più far sì che questa memoria non sia una cartolina ma un'immagine viva e concreta, perché tale fu la fabbrica, che scandiva la quotidianità di lavoratori e famiglie.
Una parabola lunga un secolo quella della Venchi, nata nel 1878 dall'intraprendenza di Silvano Venchi e finita con la dichiarazione di fallimento nel luglio 1978. Ma anche una storia di rinascita iniziata nel 1997 con l'acquisto della Cuba, storico marchio cuneese che fin dagli anni Cinquanta aveva accordi commerciali con la Venchi e, all'atto del suo fallimento, ne aveva rilevato marchio e macchinari. Del gruppo di acquirenti faceva parte Giovanni Battista Mantelli, nipote del fondatore della Cuba: la nuova impresa ebbe il nome di Cuba-Venchi, e nel 2003 tornò ad essere soltanto “Venchi”, con sede a Castelletto Stura e punti vendita in tutto il mondo.
Ai tempi di massima espansione, negli anni Trenta del Novecento, la Venchi arrivò a occupare circa tremila persone riuscendo però a mantenere il prestigio derivante da una qualità mai sacrificata alle esigenze della produzione industriale; e caratterizzandosi per un'organizzazione del lavoro efficiente e innovativa di cui faceva parte, ad esempio, un asilo per i figli delle dipendenti. Senza dimenticare che la Venchi fu, come molte fabbriche torinesi, in prima linea nella Resistenza: le sue operaie parteciparono compatte agli scioperi, alle manifestazioni e poi all'insurrezione del 1945.
L'entità del patrimonio storico e culturale che la Venchi ha rappresentato rende ancor più commendevole l'iniziativa delle insegnanti Luigia Casati e Giovanna Sorrentino della scuola primaria “Pietro Baricco” di Torino. Qualche anno fa, applicando metodi didattici basati sull'osservazione diretta del contesto, e facendo riferimento al progetto “La scuola adotta un monumento” promosso dal Comune di Torino al quale la “Baricco” aderisce, le due maestre hanno diretto l'attenzione degli alunni sulla grande struttura che si trova nelle adiacenze di Piazza Massaua, non lontana dalla scuola: quante persone passavano quotidianamente davanti a quell'edificio senza saperne nulla, se non che finalmente lo si restaurava dopo anni di abbandono e degrado?
La sede della Venchi Unica in via De Sanctis, ora centro polifunzionale della Circoscrizione 3, è così diventata il soggetto di una ricerca che ha coinvolto cittadini, istituzioni locali, professionisti del settore portando alunni e famiglie a riscoprire la storia e la memoria del proprio quartiere, ad acquisire nuove consapevolezze, a rinsaldare il senso di appartenenza ai luoghi e a una comunità. Per quanto fosse interessante in assoluto, certo il progetto è risultato particolarmente affascinante perché la Venchi non era un'industria qualsiasi ma una fabbrica di cioccolato, caramelle e biscotti, e non c'è barriera generazionale o sociale che resista a questi argomenti.
Il risultato della ricerca è stata, nel 2012, la mostra C'era una volta la Venchi Unica – Torino capitale del Regno del Cioccolato, alla quale è seguito il libro presentato il 18 maggio scorso nell'ambito di Salone off (gli appuntamenti collaterali al Salone del Libro che si svolgono nei quartieri di Torino).
Si tratta in realtà di due libri in uno: la prima parte, scritta da Sergio Donna, illustra la storia della Venchi nel contesto dell'evoluzione industriale della città e dello sviluppo dell'industria dolciaria di cui Torino fu per molti decenni capitale indiscussa.
La seconda, curata da Luigia Casati e Giovanna Sorrentino, inizia con un excursus sulla storia del cioccolato a Torino, ripercorre la nascita e lo sviluppo della ricerca svolta dai ragazzi, spiega le funzioni attuali del complesso e poi dà spazio a un ampio apparato iconografico che documenta tutte le fasi, dal declino trentennale al restauro avvenuto fra il 2008 e il 2010, all'aspetto odierno.
Il libro è stato pubblicato in proprio dall'Associazione Culturale Monginevro, e non si è avvalso di un direttore editoriale o del lavoro di professionisti della grafica e della revisione testuale. Sarebbe errato affermare che il risultato non ne risente, soprattutto nella prima parte. Tuttavia l'interesse dell'argomento è tale che gli appassionati di storia e cultura di Torino non si lasceranno scoraggiare dalle mende estetiche e testuali e dal prezzo non proprio popolare (33 euro).
La pubblicazione non segue la consueta distribuzione commerciale. La si può acquistare contattando direttamente gli autori presso l'Associazione Monginevro Cultura, i cui riferimenti sono i seguenti:
Associazione Monginevro Cultura
Via Costigliole, 2 angolo via Monginevro
www.monginevrocultura.net
Lucilla Cremoni