di Gabriele Pieroni
Enzo Mastrangelo è un artista nel corpo di un architetto. O forse è un architetto che non riesce a contenere la dimensione incomprimibile dell’artista. Che alla fredda praticità di materiali, progetti, misurazioni e committenze, alterna esplosioni di colori, performance estreme e puro caos creativo. Per descrivere Mastrangelo bisogna partire dai luoghi che frequenta. L’ufficio dove lavora è ordinato, gli scaffali ritmati dai faldoni, le cornici con i suoi schizzi diligentemente appese alle pareti. Ma basta varcare la soglia della sua casa-laboratorio per essere travolti da opere ammassate alla rinfusa, esperimenti pittorici che invadono la cucina e balzano pure sul materasso della camera da letto. A sintesi estrema di questa dicotomia, nel salotto, ad altezza uomo, sta una riproduzione architettonica della Mole Antonelliana. Dal Tempietto sotto la guglia fino ai finestroni a lunetta che reggono l’immensa cupola, scende una linea bianca. Attraversa con decisione l’ossessivo ripetersi delle lose rettangolari della cupola, scardina, e nello stesso tempo rafforza, la purezza del grande monumento: “È il ritratto della Mole, dice Mastrangelo, il punto di arrivo e di partenza della mia operazione artistica”.
Enzo Mastrangelo, in qualche modo, è quella linea.
Albese, classe 1975, pittore, scultore e architetto, il 2 novembre del 2011 si è calato dai 167 metri della Mole con un pennello imbevuto di vernice e un rotolo di cotone lungo 40 metri. In un unico tratto, senza mai staccare le setole, ha tracciato una riga sul più celebre monumento di Torino, lasciando che la superficie della cupola imprimesse le sue forme sulla tela. “Abbiamo dovuto brevettare un pennello in grado di restare imbevuto di colore, confessa, perché la performance fosse il risultato di un unico, essenziale gesto artistico”.
In termini tecnici la linea di Mastrangelo è un frottage (“sfregamento”), tecnica di disegno che tutti, almeno una volta, abbiamo usato per ottenere il calco di una moneta sul foglio bianco. Ma mai nessuno ne aveva realizzato uno così grande. All’interno dell’opera di Mastrangelo, il concetto di calco acquista un valore simbolico, che supera e comprende il ritratto: “Volevo trovare il modo di condensare la complessità di una storia nel più breve gesto possibile; la linea è allora diventata la cifra di questa estrema sintesi”.
Accanto alla carriera di architetto, Mastrangelo ha sempre coltivato la sua vena artistica, con ostinazione e continua ricerca. Negli anni ’90, terminati degli studi a Torino, assieme ad un paio di amici dà vita ad uno dei primi esperimenti di multivisione applicata ai concerti: diapositive in rapida dissolvenza che accompagnavano le band con una narrazione visiva della musica. Sotto la sua cura, anche gli acquerelli subiscono una rarefazione. Partendo da semplici paesaggi di Langa e operando uno sfoltimento delle forme, Mastrangelo costruisce orizzonti che sono semplici accostamenti cromatici e che, tuttavia, mantengono l’emozione dei colori della sua terra d’origine. “Erano tele in cui si scorgevano ancora i profili delle colline, l’orizzonte, il cielo limpido delle giornate di settembre”. E questo non gli bastava: “Dovevo raggiungere una più stretta unione tra lo spazio della tela e il tempo del racconto”, chiarisce. “È da questa esigenza che nel 2011 nasce il progetto The Time Identity”.
Mastrangelo si arma di lunghe strisce di cotone e di pennelli ben imbevuti. Comincia ad andare in giro come un caricaturista, offrendo a tutti un ritratto. Riveste i volontari con la tela e traccia l’impronta dei loro volti con il colore. Passato l’imbarazzo del momento, il risultato è sorprendente: “Le persone non si riconoscono subito, ma gradualmente. Passano dalla perplessità alla comprensione. E lo fanno attraverso dettagli unici del viso, dei capelli, della postura, che il passaggio del colore ha astratto in una forma unica e irripetibile, come uniche ed irripetibili sono le storie di ciascuno. Identità costruita nel tempo, appunto”.
The Time Identity comincia a diventare un progetto artistico autonomo. Arrivano le collaborazioni con il festival Collisioni e con la fondazione Mirafirore di Oscar Farinetti, patron di Eataly. L’intento di Mastrangelo è quello di documentare l’impronta umana che sta dietro un evento: Sergio Chiamparino, Alessandro Baricco, Mario Calabresi, Carlin Petrini, Gianni Vattimo, Don Ciotti: sono decine i personaggi illustri che passano sotto suo pennello. È anche grazie a questi lavori che Massimiliano Finazzer, ex assessore della cultura del Comune di Milano definisce il lavoro dell’artista albese una “Sindone dinamica”. “Era il progetto che stavo cercando, dovevo solo renderlo più grosso”, chiosa Mastrangelo.
L’occasione giunge a giugno delle scorso anno: “Quando ho visto le foto dei restauri della Mole per i 150 anni dell’Unità d’Italia ho capito che potevo prendermi il simbolo di Torino: avrei fatto l’impronta del capolavoro antonelliano”. L’idea piace da subito al Comune di Torino ed Enzo può inaugurare Paratissima 2011: “Durante la fase di progettazione ho dovuto unire la mia vena di artista con quella di architetto”, racconta. “Ho studiato nei minimi dettagli la forma della tela, le caratteristiche del pennello, la dimensione dell’intervento, le misure di sicurezza necessarie. Molti hanno idee geniali, pochi la volontà di capire la tecnica per realizzarle”.
Dalla Mole alla Reggia di Venaria il passo è breve, solo 100 metri più in basso. A luglio di quest’anno Mastrangelo partecipa ad Art Jungle, evento parallelo di Hop.E, grande manifestazione che tutte le estati porta l’arte contemporanea alla Venaria Reale. Gli viene chiesto di reinterpretare le forme del palazzo e lui non ci pensa due volte: nasce The Time Identity of Barocco. Colonne, stucchi, portoni, addirittura un putto. Il pennello di Enzo rileva la superficie della Reggia restituendo alla tela dettagli sotto gli occhi di tutti, e per questo mai visti.
La Mole, la Reggia e infine il canguro. The Time Identity of Barocco viene scelta per rappresentare l’arte emergente italiana a Melbourne, nelle sale dell’Istituto italiano di cultura. Insieme a Howtan Re e Nicoletta Pucci, dal 14 agosto al 14 settembre Mastrangelo ha esposto il suo lavoro di trascrizione architettonica, ricevendo importanti apprezzamenti.
Ed ora? “Time Identity è un progetto che non ho intenzione di abbandonare”, conclude. “Finora ho raccontalo l’identità di persone, oggetti e monumenti immobili. Cosa accadrebbe se volessi provare a fissare il movimento?”
Foto: Maurizio Puato e Michele De Vita