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L'ansioso, il fatalista, lo svelto

 

 

L'arte del portoghese da autobus

di Marina Rota


Il 42 arriva sbuffando nel traffico del primo mattino di inizio giugno, arrestandosi davanti al Mauriziano dopo un lungo tratto a passo d'uomo e un ultimo gemito straziante. È, come al solito, cosi affollato nel suo tragitto nevralgico verso gli ospedali, che stupisce di non veder gente penzolare dai finestrini. Si sale contendendo lo scarso spazio vitale a quei passeggeri, generalmente di fianco largo, che restano inamovibili davanti all'uscita dal momento in cui salgono, per assicurarsi di poter scendere alla loro fermata - al capolinea o quasi - bloccando il passaggio a tutti gli altri. Il caldo è asfissiante; dell'aria condizionata annunciata dal cartello non c'è ombra, e d'estate è inutile cercare di aprire quegli stessi finestrini che è inutile cercare di chiudere d'inverno. In ogni caso, qualora si riesca ad abbassarne uno di qualche centimetro, con l'aiuto di alcuni robusti passeggeri, sentendosi anche un po' orgogliosi per aver assicurato una pur esigua fonte d'ossigeno alla collettività, si puo star certi che presto giungerà una flebile preghiera dal fondo del tram, nell'ombra dei 40 gradi: “Scusi, non potrebbe mica chiudere quel finestrino? Sa, patisco gli spifferi...” 

Immagine di repertorioA bordo, un'umanità variegata di casalinghe, liceali con enormi zaini che si guardano bene dal togliere dalle spalle, massacrandoti ogni volta che si girano; impiegati e medici ospedalieri che hanno deciso di rinunciare all'auto.
Il silenzio che regna quasi sovrano nonostante la folla - tutta concentrata nell'ascolto di musica con cuffiette o nell'invio di messaggini a manetta - è interrotto dalle interminabili telefonate delle collaboratrici familiari che urlano al cellulare organizzando la giornata con le padrone di casa (le badanti le chiamano col nome di battesimo, mentre le datrici di lavoro si rivolgono a loro con un rispettoso 'signora', dato il loro cronico terrore dell'abbandono). Ci sono anziani che stringono gelosamente i loro esami medici nelle buste gialle, malfermi e in piedi accanto a floridi giovanottoni seduti - gli stessi che, in caso di minor affollamento, viaggiano con le suole luride delle sneakers appoggiate sul sedile davanti, incuranti delle occhiatacce di chi non sa ancora rassegnarsi alla prevalenza del maleducato. Qualcuno, salendo sull'autobus,  non rinuncia all’ultima sigaretta, sbuffando poi  il fumo in faccia ai malcapitati vicini; c'è chi fissa la prima pagina del giornale (sfogliarlo richiederebbe spazio) e chi, contorcendosi con un libro in mano, pratica una sorta di « kamasutra della lettura”. 
In tutto questo variopinto osservatorio, l'occhio allenato riesce subito ad individuare i portoghesi. Gli scrocconi (un piccolo esercito, stando alla stima del Gtt, circa 200.000 al giorno) si possono sommariamente classificare in tre categorie.
Il  primo portoghese, che definiremo “il fatalista”, siede serenamente confidando nel destino: se arrivera il controllore, pagherà il dovuto mantenendo l'aplomb, calcolando che qualche multa non gli costerà mai quanto un abbonamento. Il secondo, “l'ansioso”, staziona davanti all'uscita, scrutando nervosamente chi sale ad ogni fermata, pronto allo scatto in discesa qualora avvisti un controllore (ormai, data la lunga militanza, li sa riconoscere anche in borghese). Il terzo, “lo svelto”, gioca di riflessi: viaggia attaccato alla macchinetta, e alla comparsa del controllore, rapido come un fulmine,  oblitera il biglietto che stringe in mano, sempre lo stesso da settimane o mesi. 
Una volta smascherati, le storie che raccontano i furbetti per sollecitare clemenza sono infinite: un inseguimento che li ha costretti a saltare sul primo tram, le nausee da gravidanza, il malore improvviso, la riunione di vitale importanza, l'intervento urgente da eseguire. Quando  proprio non c'è nulla da fare, dichiarano di aver lasciato a casa i documenti e declinano, invece delle loro generalità, quelle del professore di matematica, della moglie dell'amante o del vicino di casa rompiscatole. 
Ma come se la cavano gli scrocconi con la metropolitana? Con disinvoltura: basta passare attraverso i tornelli in coppia - due al prezzo di uno - o entrare dai tornelli d'uscita, oppure ancora infilarsi subito dopo un passeggero che abbia già obliterato il biglietto; i palestrati scavalcano i tornelli con un balzo. Se entrare nella metro senza pagare è uno scherzo, tuttavia, non lo è altrettanto scappare in caso di avvistamento di divise, a differenza dei tram e dei pullman che lasciano qualche via di fuga. Deve dare un senso di ineluttabilità, veder salire i controllori nel vagone della metro dove si resta  bloccati  in una gabbia  a tenuta stagna... 
L'habitat favorevole ai portoghesi da tram è quello affollato: un ventre in cui, pigiati tra tanti passeggeri, possono dormire sonni tranquilli, data la quasi certezza che il controllore desista dal salire, bloccato dall’impossibilità di aprirsi un varco nella folla compatta e ostile, la quale in genere reagisce alla sua comparsa con un sordo mugolio simile al coro muto della Butterfly, accompagnato da fuggi fuggi generale. Non a caso un escamotage dei portoghesi è quello di temporeggiare alla fermata, rinunciando a salire su tram semivuoti, in attesa di quello stipato. 
L'affollamento soffocante era la condizione abituale dei viaggi sul glorioso tram numero 4, che attraversa Torino da nord a sud, dalla Falchera a Mirafiori passando per Barriera di Milano e Porta Palazzo: un vero refugium peccatorum, sul quale il conducente si sarebbe allarmato a sentire il rumore della macchinetta obliteratrice.Adesso il 4 non è piu come una volta: si viaggia comodi da quando, per combattere il fenomeno dei non paganti, è stata reintrodotta, cosi come sul 3 e sul 10, la presenza fissa dell'“assistente alla clientela” il quale, individuati gli abusivi, li invita a comprare il biglietto alla macchinetta automatica installata a bordo a prezzo maggiorato e, in caso di rifiuto,  procede con le multe. Ma dove sono finiti i passeggeri non paganti del 4? Alla solita fermata, naturalmente, ad attendere i mezzi che fanno lo stesso percorso del 4 e ancora sprovvisti di bigliettaio a bordo.

 

 

 

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Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Gabriella Bernardi
Oscar Borgogno
Lucilla Cremoni
Michela Damasco
Simone Gamba
Francesca Nacini
Marina Rota
Simone Schiavi

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