Genovese, un piemontese a Genova
di Gabriella Bernardi
Un biologo, un fisico e un chimico sono davanti alla macchina del caffè e stanno parlando... Non è l’inizio di una barzelletta, come si potrebbe pensare, bensì un rito quotidiano che accade all’IIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova. Quindi nulla di strano, nonostante le apparenze, ma qualcosa di sorprendente in effetti c’è. Tra loro infatti parlano di scienza con un linguaggio comune e si capiscono pur avendo formazioni scientifiche differenti. Com’è possibile e cos’è l’IIT? L’Istituto ha un’origine molto recente, avviato nel 2003 quando nasce la fondazione con lo scopo di promuovere la ricerca scientifica e l’alta formazione tecnologica in Italia nonché lo sviluppo dell’intero sistema produttivo ed economico.
Visitando i vari laboratori, dalle neuroscienze alle nanotecnologie, dalla robotica umanoide ai futuri nanomateriali si potrebbe pensare di essere all’estero, magari al MIT in America o al Max Planck in Germania; in effetti, il modello realizzato ha volutamente fuso questi due avanzati approcci di ricerca. Giovani ricercatori, con un'età media di 34 anni, convergono qui da ben trentasette Paesi per affinare il loro curriculum dando contributi fondamentali in svariati campi di punta della scienza, come sui farmaci innovativi o sui futuri robot che apprendono autonomamente come i bambini. Girando tra lunghi corridoi sui quali si affacciano luminosissimi e modernissimi laboratori, l’idea degli scienziati sacrificati in spazi angusti e bui o soffocati da vecchi ed obsoleti strumenti qui non sembra molto attuale. In uno di questi laboratori lavora anche un giovane piemontese: Alessandro Genovese, geologo.
Il mio percorso di studi universitari si discosta da quelli della maggior parte dei miei colleghi fisici, chimici o laureati in scienza della materia presenti nel dipartimento di Nanochimica dell’IIT dove lavoro; sono infatti laureato in Scienze Geologiche. Ho seguito una passione, nata quando ero ancora bambino, per i minerali, le rocce e tutti quei fenomeni naturali che portano alla formazione e alla lenta distruzione delle montagne. Per esempio, mi ricordo che quando frequentavo le elementari, cercavo già di capire quanto antico fosse un semplice ciottolo fluviale, rompendolo e osservando con la lente d’ingrandimento i luccichii interni, che ancora non sapevo essere cristalli, oppure cercavo di immaginare per quale ragione l’Everest fosse molto più alto del nostro Monte Bianco. E così, nel 2001 mi sono laureato in geologia con una tesi di mineralogia sperimentale, il cui argomento di studio erano proprio i processi di formazione (nucleazione) e crescita della calcite, il minerale di cui sono fatti i marmi. Dopo la laurea ho approfondito ulteriormente i miei interessi vincendo il concorso per dottorato di ricerca in Scienze della Terra che ho terminato nel 2004. Sempre per seguire la mia passione, e guardare più dentro ai cristalli e studiare le loro strutture geometriche più da vicino, una volta conseguito il titolo di dottore di ricerca, ho iniziato a dedicarmi alla microscopia elettronica a trasmissione (in inglese TEM, “Transmission Electron Microscopy”), una tecnica che permette di vedere i materiali cristallini sia naturali sia sintetici a livello “molecolare”. Dal 2005 al 2009, vincendo diverse borse di studio, ho lavorato nei Dipartimenti di Scienze della Terra di Siena, di Fisica della Materia di Marsiglia in Francia e di Scienze Mineralogiche e Petrologiche di Torino, fino ad arrivare a Genova in IIT nel 2009”.
Come ha saputo dell'IIT e cosa l'ha spinta a venire qui? “Il mio contatto con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova è stato casuale. Mentre navigavo sul sito della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia, ho visto un'offerta di lavoro per esperti in microscopia elettronica a trasmissione pubblicata dall’IIT. Ho inviato la mia candidatura e sono stato contattato per un colloquio conoscitivo con il responsabile del dipartimento di Nanochimica di IIT, il Prof. Liberato Manna. È stato un incontro positivo; dopo avere presentato il mio lavoro scientifico degli ultimi anni, Manna mi ha accompagnato in una visita dell’Istituto e del laboratorio dove di lì a poco sarei andato a lavorare”.
In quale settore di ricerca opera e con quale ruolo? “Dal 2009 lavoro presso il Laboratorio di Microscopia Elettronica in forza al Dipartimento di Nanochimica. Nel 2011 sono diventato Team Leader, una posizione che mi dà anche alcune responsabilità, come per esempio seguire il lavoro di altri ricercatori più giovani. Qui in IIT applico quotidianamente le mie competenze di mineralogia e cristallografia allo studio e alla caratterizzazione dei nuovi materiali che vengono sintetizzati presso i nostri laboratori. Un aspetto importante del mio lavoro è che ho la possibilità di approfondire e implementare le mie basi scientifiche sia lavorando a nuovi progetti, sia dialogando e confrontandomi con colleghi ricercatori italiani e stranieri provenienti da altri percorsi formativi, quindi i chimici, i fisici e i biologi cui accennavo prima”.
Quali vantaggi sta procurando sulla sua professione e sull'attuale ricerca l’ambiente internazionale che frequenta? “Il clima di IIT è effettivamente multiculturale. Qui è una situazione normale parlare di lavoro o di tempo libero con amici e colleghi stranieri; alcuni di loro provengono da Inghilterra, Francia, Spagna, Cina o India, per citare solo qualche paese. Questo clima internazionale ha sicuramente una forte ricaduta sulla qualità dei lavori scientifici che produciamo e sulla crescita professionale”.
E dopo? “Il mio contratto da Team Leader prevede che lavorerò in IIT fino al 2016. Il nostro dipartimento sta crescendo in termini di produzione scientifica, di strumentazione e di visibilità internazionale, quindi posso immaginare che sarà un buon periodo. Quello che il futuro riserverà dopo purtroppo non è dato saperlo. Come ricercatore posso però fare una considerazione che per me e i miei colleghi è abbastanza nota: la scienza non ha vincoli dettati da confini geografici e culturali”.