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Suonare un albero. Papi Moreno e il didjeridu

 

 

 

Papi Moreno tra didjeridu e canto armonico

 

di Sabrina Roglio


i didjeridu di MorenoIl popolo aborigeno da quarantamila anni tramanda una leggenda che racconta: "All’inizio del tempo dei tempi, tutto era avvolto nel freddo e nel buio. Boonun stava preparando la legna per il fuoco. Mentre controllava i tronchi vide che uno era cavo perché le termiti lo stavano mangiando all’interno. Siccome voleva bruciare il tronco senza far del male alle termiti vi soffiò dentro per liberarlo. Ed il tronco iniziò a suonare. Le termiti allora volarono nel cielo e divennero stelle, e poi la via Lattea, che illuminò la terra sottostante. E per la prima volta il suono incantato del didjeridu fu udito creare il sacro suono del Tempo del Sogno". 

Un suono che diciassette anni fa ha incantato anche Moreno Papi - in arte Papi Moreno, nato nelle Marche ma cresciuto a Torino, e gli ha stravolto la vita.

Era l’estate del ’94 ed ero andato al Parco della Pellerina per sentire un concerto. A suonare era un gruppo di aborigeni australiani, il didjeridu accompagnava i canti e le danze tradizionali. È stato come uno shock, mi sono subito innamorato di quello strumento e ho passato il resto del concerto appoggiato al palco per capire che tecnica utilizzassero e come facessero”. 

Il didjeridu è un bastone cavo che viene messo in vibrazione con le labbra. Tradizionalmente si usa un tronco di eucalipto scavato all’interno dalle termiti. La lunghezza è variabile, tra il metro e i due metri e mezzo. Si suona producendo una vibrazione con la bocca appoggiata sull’imboccatura modellata con cera d’api, a seconda della grandezza delle proprie labbra. La forma e il materiale determinano il suono: legni più morbidi danno un suono più vibrato e avvolgente, legni più duri un suono secco e marcato. Uno strumento corto e di diametro stretto avrà un suono acuto, se conico e lungo avrà un suono più grave e vibrato. 

Facevo il pubblicitario, avevo una mia agenzia ma quel concerto mi ha cambiato, ho deciso che la mia professione sarebbe diventata la musica”. E così, dopo aver comprato il suo primo didjeridu, passa l’inverno 1994-'95 a cercare informazioni o persone che potessero aiutarlo. “Mi sono sentito molto solo e isolato, diciassette anni fa non c’erano libri, internet o tanti altri italiani che suonassero il didjeridu. Sono praticamente autodidatta, è stato difficile ma ce l’ho fatta. Ho capito molte cose: per me suonare il didjeridu non significa solo emettere dei suoni entro schemi ritmici, ma entrare in contatto anche con quegli aspetti miei più profondi che soltanto in momenti di particolare intensità riesco a raggiungere”. 

Moreno in concerto

Nel ’97 lascia il suo lavoro e un anno dopo apre la scuola di musica "Atelier VistaMole" con sede sotto la Mole Antonelliana. Qui organizza corsi e fa ricerca sul suono, sulle vibrazioni e sugli armonici vocali. Essendo tra i pochi italiani a suonare questo tipo di strumento passa anni molto intensi, tra lezioni, concerti in giro per tutta la penisola, costruzione di strumenti, registrazioni di cd e sperimentazioni. “Ho iniziato facendo spettacoli da solo, poi insieme a diversi musicisti. Non conosco la musica in senso classico ma ho capacità ritmiche e musicali, qualcuno mi ha detto che dovrei imparare il solfeggio, la maggior parte però mi suggerisce di rimanere come sono. Ho registrato 4-5 cd oltre a quello allegato al mio libro Didjeridu, suonare un albero (ed. Musica Pratica) che insegna le tecniche per suonarlo”. 

Nel 2006 chiude la scuola e si trasferisce in Valchiusella. “Avevo bisogno di staccare, ma continuo a fare corsi, costruire gli strumenti e a suonare con diversi musicisti”. Ha imparato a costruire da sé i didjeridu: basta - a suo dire - un po’ di capacità manuale. Recupera, in giro per i boschi, i tronchi di alberi caduti, poi li apre a sandwich e li scava facendo attenzione a lasciare una superficie non liscia (le imperfezioni sono simili a quelle che farebbero le termiti in natura e aiutano a migliorare le vibrazioni) e li richiude. Molto particolari sono i didjeridu ricavati dai fiori dell’agave, raccolti quando stanno morendo e quindi hanno terminato il rilascio dei semi. Grazie alla loro morbidezza possono essere scavati con utensili e ferri roventi senza aprirli. “Vorrei provare, spiega Papi, a farne uno particolare in ottone: si chiama didjeribone australiano o didjeridu trombone. Il didjeridu ha una nota sola, così quando suono con altri musicisti devono adattarsi; il didjeribone australiano è come un trombone quindi si può, grazie ad una sorta di coulisse, allungarlo modificandone l'intonazione”.

La ricerca di Papi abbraccia tutti gli aspetti del suono: dalla respirazione circolare, necessaria per suonare lo strumento, al massaggio sonoro e il canto armonico. La respirazione circolare consente di suonare lo strumento senza stacchi sonori dati dalla necessità di respirare tra un’espirazione e l’altra. “È una formidabile tecnica terapeutica, dice Papi, che si avvale di un respiro consapevole. Mantenere la respirazione continua e senza pause genera una profonda risposta in tutto l'organismo e il livello di energia si alza notevolmente”. 

Moreno coi suoi allieviIl canto armonico è arrivato in un secondo tempo. Concettualmente vicino al suono del didjeridu, questa tecnica utilizza solo la voce. Attraverso il canto prolungato delle vocali e grazie a un particolare uso della lingua è possibile cantare contemporaneamente alla nota di base, detta tonica o fondamentale, delle note secondarie "fuori tono", più acute, chiamate armonici o ipertoni. “È molto affascinante e lo insegno nei miei corsi: è utile per conoscere se stessi. L’anno scorso ho tenuto un corso di didjeridu al Conservatorio di Novara, vorrebbero che ne tenessi anche uno di canto armonico”. 

Successivamente, grazie alle competenze acquisite con corsi sul massaggio, Papi ha deciso di provare a mettere insieme suono, didjeridu e massaggio. “Il suono e la vibrazione del didjeridu,  spiega, vengono indirizzati sul corpo in modo equilibrato e profondo come se fosse un massaggio. La parte terminale dello strumento sfiora la persona da trattare che riceve un insieme di suono e vibrazione più o meno intenso a seconda della distanza dal corpo. Questo massaggio sonoro dinamizza il corpo dando energia”.

Nonostante la “fuga” in Valchiusella basta dare un’occhiata al sito di Papi per capire che è sempre in movimento: molte sono le collaborazioni e i lavori con musicisti o formazioni diverse. Universo in Ascolto è un progetto nato dall’incontro del didjeridu con la compositrice e pianista Delilah Gutman e propone un viaggio tra musiche classiche (Bach e Chopin), il pianoforte della Gutman e il suono del canto armonico e didjeridu di Moreno Papi. Babele Mutante è invece uno spettacolo realizzato insieme al polistrumentista Roberto Zanisi, solista italiano di cümbüs e steel pan. L’originale Hunt Calls (richiami di caccia) è un concerto ideato dal sassofonista Diego Borotti con la collaborazione di Papi; Antica mente propone etnojazz, folk, coro armonico, improvvisazione, atmosfere indiane grazie all’alchimia con il polistrumentista Ciro Buttari. Per non parlare del progetto Garamanti Urbe nato dall'incontro con il percussionista Max RF e Dj Ciaffo, e ha come special guest Dino Pelissero.

Info

www.papimoreno.com



 

 

 

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Suonare un albero. Papi Moreno e il didjeridu

di Sabrina Roglio


 

Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Roberta Arias
Gabriella Bernardi
Eleonora Chiais
Michela Damasco
Giulia Dellepiane
Ilario Metelys
Marina Rota
Sabrina Roglio

 

 

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