Pino Costa e le sue beidane
Intervista di Nico Ivaldi
Non capita tutti i giorni di conoscere un forgiatore. Se poi questo particolare artigiano realizza beidane, la fortuna è doppia.
Per chi non lo sapesse, la beidana era una sorta di roncola-machete usata dai montanari valdesi in uso a partire dal 1200 in quelle valli e riconvertita in arma dagli stessi valdesi, improvvisatisi guerrieri nel corso delle persecuzioni che li portarono a rifugiarsi a Ginevra.
A dispetto dell’utilizzo, la beidana è uno strumento bellissimo, elegante e aggraziato, che difficilmente immagineremmo impugnato dai rudi boscaioli delle valli protestanti del Pinerolese.
Giuseppe “Pino” Costa è un forgiatore di beidane, anzi “il” forgiatore di beidane, forse l’unico al mondo. L’abbiamo intervistato nel suo rifugio-laboratorio nella sperduta borgata Lantaret sulla collina di San Giovanni, a Luserna. Probabilmente, la sua Macondo.
Ci è già capitato d’imbatterci in artigiani che gonfiano il petto per l’orgoglio delle loro creazioni. Pino Costa va oltre, lui si commuove – decisamente si commuove - nel mostrarci alcune delle sue beidane; si capisce che dietro quel lavoro c’è la passione di una vita, c’è amore, ricerca, orgoglio. Non c’è soltanto il gesto tecnico, c’è ben di più, forse il tentativo d’immedesimarsi in un artigiano valdese che batteva il ferro per costruire questi particolarissimi oggetti.
Infatti mi capita spesso, spiega Pino Costa, d’immaginare i fabbri di una volta mentre lavoravano alle beidane. Anch’io mi sento un fabbro del ‘600, e mentre lavoro penso alla vita che facevano su queste montagne, alle durezze di un’esistenza già di per sé difficile e peggiorata con lo scoppio delle guerre di religione”.
Come può una persona come Pino Costa, tra l’altro nemmeno valdese, provare tanta passione per le beidane al punto da arrivare a costruirne più di duecento?
È stato un amore a prima vista. Le prime beidane le ho viste al Museo Valdese di Torre Pellice. Subito mi ha incuriosito la forma. Hanno una sagoma accattivante che non può non piacere anche a chi non è appassionato di armi. Ho notato che piacciono anche alle donne, che forse ne scoprono l’aspetto poetico delle cose di una volta, che erano sicuramente più curate, come le armi stesse”.
Secondo lei, la beidana è più un attrezzo d’uso agricolo o un’arma?
È tutte e due le cose, come lo è per tutte le armi di origine popolare. È un attrezzo, diffuso dalla Provenza alla Savoia, che i montanari tenevano appeso alla cintura come una roncola e che, nel momento contingente delle persecuzioni, si evolve e diventa un’arma. Io lo chiamo il decespugliatore del Cinquecento”.
Ma sarà stato ben modificato al momento di cambiarne l’uso, no?
Certo. La beidana veniva portata al fabbro che l’allungava e gli dava una forma più somigliante a una spada, pur mantenendo le caratteristiche dell’attrezzo”.
Quanti tipi di beidane esistono?
“Di beidane ce ne sono di vari tipi. Queste della Val Pellice quasi tutte hanno in punta nella parte più grossa un cuore traforato. E poi ce ne sono altre molto comuni con un traforo che riproduce la croce di san Maurizio, lo stemma dei Savoia. Sono beidane di provenienza non proprio valdese; i valdesi non hanno mai adottato simboli, nemmeno la croce ugonotta, simbolo dei valdesi. Loro non ne hanno di simboli”.
A una lettura piuttosto rapida che abbiamo fatto su internet, sembra che il termine “beidana” sia recente, lei conferma?
“Sì, i documenti dell’epoca parlano di falcetti, di roncole. La voce beidana è recente, opera di uno studioso torinese di armi antiche, Giorgio Dondi, che mescolando il patois valdese con l’italiano l’ha chiamata così per la sua forma a becco d’anatra (bec d’ane). Nome nuovo, arma antica, va detto. C’è un libro dove si possono vedere raffigurati questi oggetti: Alle porte d’Italia di Edmondo de Amicis. L’autore di Cuore soggiornò a lungo in queste valli e diventò amico del pastore Gonnet di Angrogna, col quale compì lunghe passeggiate. Con loro c’era un disegnatore, Gennaro Amato, che illustrerà il volume con moltissimi disegni; tra queste illustrazioni ci sono scontri fra truppe regolari e montanari che impugnano le loro belle beidane”.
Veniamo al presente: come realizza le sue beidane?
“Con acciaio C45, che rappresenta un buon compromesso di resistenza e tenacia. E poi le tempro in modo da renderle più simili all’originale. Metà di quelle che ho costruito le ho vendute a privati e metà regalate. Una mia beidana è finita a Guardia Piemontese, la cittadina calabrese fondata nel XII secolo da rifugiati valdesi provenienti da Bobbio Pellice”.
Qual è la parte più difficile nel costruire una beidana?
“La decorazione. Lavoro con molto impegno per rendere la beidana un oggetto aggraziato, con una sua linea accattivante”.
Pino Costa lda sempre fa il fabbro. Deve la passione per questo lavoro a un anziano artigiano che lavorava il ferro battuto e lo prese, lui poco più che un bambino, come ragazzo di bottega e gl’insegnò il mestiere. Attualmente, Costa si è specializzato nella realizzazione del prototipo di una macchina per fare fori nelle pietre.
“Sono tempi ben diversi, la progettazione al computer e il taglio laser hanno dato una svolta a questo mestiere”.
Anche oggi che ha sessantun’anni, Pino Costa lavora con la stessa passione di un tempo.
Prima di lei, fino a che epoca sono state costruite beidane?
“Fino ai primi del ‘900, ma non per usi militari, quelli si erano persi a metà Ottocento”.
Ma in queste valli ci sono persone che posseggono una beidana in casa?
“Le racconto questo aneddoto. Pochi anni fa ho organizzato a Luserna un convegno sulle beidane. Ho fatto un passaparola per chiedere a chi ne avesse ancora una in casa di portare la loro beidana. Ebbene, si sono presentate moltissime persone con la loro antica beidana! Io le ho fotografate tutte, come faccio sempre per ispirarmi per la costruzione”.
Ci sono stati dei non valdesi che le hanno chiesto di costruire una beidana?
“Molti, soprattutto collezionisti. Ma la richiesta più strana mi è arrivata dall’Inghilterra. Mi ha scritto un signore spiegandomi che lui e i suoi amici, quando s’incontrano, immagino la sera davanti ad un buon bicchiere di whisky, decidono di approfondire un argomento e di studiarlo. Si aggiornano e poi si rivedono, ognuno con il frutto delle proprie ricerche. Quella volta hanno deciso di studiare le armi di origine popolare, in particolare beidana. E mi hanno scritto per avere ragguagli storici. Per me è stata una bella soddisfazione fare sfoggio delle mie conoscenze in materia”.
Già, chi può saperne di più sulle beidane, di Pino Costa, di professione fabbro-forgiatore?