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Quando la passione vince. La rinascita dell'Hockey Valchisone


La rinascita dell'Hockey Valchisone    


di Michela Damasco

 

 

La voglia di ricominciare, dopo anni di silenzio e con tutte le difficoltà che la decisione può comportare, può essere figlia della passione. Una passione messa semplicemente da parte, per un motivo o per l’altro, ma pronta a riemergere alla prima occasione. Come nel caso di Andrea Dalla Vittoria: “Ho dovuto smettere di giocare a vent’anni per motivi di salute, racconta, e in un certo senso ho voluto dimenticare lo sport che non potevo più praticare. La mia passione è rinata cinque anni fa, perché anche se ho dovuto accantonarla era sempre lì ed è ritornata quando ci sono state le possibilità”

Lo sport si chiama hockey su prato: ancora sconosciuto a tanti, in Italia, considerato – quando va bene – l’ultimo degli sport minori, ma portato fieramente avanti, anche economicamente, da chi ci gioca o ci ha giocato. Il campo è il Sandro Michellonet, a Villar Perosa, in Val Chisone. 

In valle, la disciplina arriva nel 1968: tanti giovani vi si appassionano, arrivano i primi risultati. Prima si gioca su erba naturale, poi, nel '94, si passa al campo in erba sintetica e, con lui, giocatori, sostenitori e amici contribuiscono a costruire una struttura sportiva degna di questo nome: una Club House grande e accogliente, un piccolo gioiellino nel mondo hockeistico dell’epoca. Gli inevitabili problemi economici, in uno sport dove di soldi ne girano pochi (e spesso sono dei giocatori stessi), hanno portato al declino sfociato nella scomparsa, nel 2000, dell’hockey dalla valle. La struttura viene presa in carico dal Comune e destinata al calcio.

Col passare degli anni, però, la passione mai spenta rimette la macchina in moto, grazie a ex giocatori che nel frattempo hanno avuto figli e li iniziano allo sport. Viene fondato l’Hockey Club Valchisone che, ben presto, acquista credibilità. Si riparte da zero, con i giovanissimi: “L’avventura è ripartita nel 2006, spiega Paolo Dell’Anno, ora presidente, ex giocatore che ha vestito anche la maglia azzurra, e dai pochi ragazzini dell’inizio siamo arrivati agli oltre 130 tesserati di oggi, tra atleti e dirigenti”. Partenza dal basso, con i primi ragazzi e ragazze, a cui si aggiungono compagni anche attraverso il passaparola: “Oggi, prosegue Paolo, contiamo sulle giovanili maschili e femminili (under 12, 14, 16, ndr) e dall’anno scorso abbiamo una squadra di serie B maschile”. La novità di questa stagione è una squadra di A2 femminile.

Nonostante il ruolo di presidente della nuova gestione, Paolo Dell’Anno tiene a sottolineare di essere per lo più “un uomo di campo”: non a caso, allena le under 14 e 16 maschile. “Me li sto curando tecnicamente, da quando hanno cominciato”, spiega: e come lui la moglie, Silvana Ughetto, anche lei ex atleta azzurra. I loro due figli giocano rispettivamente come portiere e centrocampista: “Uno dei due gioca a centrocampo come me, ma mi dicono tutti che, a differenza di me, è altruista” dice sorridendo. Del resto, l’hockey qui è rinato grazie a ex giocatori che hanno tirato dentro il nuovo progetto i figli e i loro amici: “In tutto, siamo in quindici a occuparci dell’organizzazione, ma è anche molto merito dei genitori che ci hanno dato e ci danno una mano. Abbiamo dato vita a un club in stile anglosassone, in cui si può stare bene, perché è pulito e corretto, sportivo in tutti isensi”. Insomma, anche se è difficile trovare sponsorizzazioni e si cerca di sfruttare la club house con eventi, a prezzi politici e con l’aiuto di genitori volontari, cercando di guadagnare qualcosa quando vengono organizzati tornei, le fondamenta paiono solide: “Stiamo aprendo un ciclo a cui stanno seguendo i risultati” aggiunge il presidente, al punto da far tornare chi magari era andato a giocare in altri club anni fa o quelli che lui, con affetto, soprannomina “i diversamente giovani”. Perché l’hockey è fatto anche da tanti giocatori che non perdono la voglia: dove non arrivano fiato e gambe, spesso ha la meglio l’esperienza sui colleghi più giovani, anche se, in verità, la preparazione tecnico-atletica di molti di loro spesso non ha nulla da invidiare a quella di chi ha 15 o più anni in meno. 

Il rientro da altri club in cui erano “emigrati” anni fa o, semplicemente, il ritorno sul campo dopo qualche anno di inattività riguarda sia i maschi sia le femmine: l’organico diventa così un mix di giovani promettenti e di atleti di grande e lunga esperienza. Tra primi c’è anche Teresa Dalla Vittoria, che compirà 15 anni a gennaio, si sta distinguendo in A2 a suon di gol, ha un posto fisso nella Nazionale under 16 ed è stata anche convocata con l’Italia under 18: è la figlia di Andrea, l’ex giocatore che aveva dovuto smettere a vent'anni: “Quando Paolo (Dell’Anno, ndr) e Fulvio Da Rold, tra gli altri, hanno rifondato la società, 5 anni fa, racconta Andrea, ho deciso di portare mia figlia e con lei sono rientrato nel giro”. Oggi è uno dei dirigenti, nonché responsabile e allenatore dell’under 14 (che l’anno scorso ha vinto lo scudetto) e dell’under 16 femminili. “Come società, aggiunge, siamo partiti dal basso perché non potevamo fare altrimenti. La decisione d’iscrivere la squadra al campionato di A2 femminile è nata dall’esigenza di dare uno sbocco alle ragazze di 17 anni, ormai fuori età per l’under 16, ma poche per partecipare al campionato under 18”. Sua figlia, soprannominata Terry, ci sa davvero fare: “Gioca o a centrocampo, o nel ruolo di ala destra” spiega ancora Andrea, rivelando che “mia figlia gioca nel ruolo opposto al mio, perché io ero terzino sinistro, ed ero anche molto rozzo nello stile, mentre lei ha molta tecnica”. 

In tutto questo entusiasmo, non mancano i problemi economici: “Siamo sono tutti volontari. Il club lo gestiamo noi, senza essere stipendiati, cercando di coinvolgere il più possibile i genitori” e, per il resto, ricorrendo alla classica autotassazione, facendo pagare una quota annuale differenziata a seconda dell’età per pagare le spese di gestione del campo, oltre a qualcosa per le trasferte. “La nostra è una sorta di gestione familiare, perché senza i genitori non si riuscirebbe a far nulla”, anche con la club house, dove invece è sempre possibile mangiare in compagnia un buon piatto di pasta: “Seguendo la filosofia del rugby, abbiamo imposto il terzo tempo a fine partita, in un clima di amicizia”. Perché in campo non concedi nulla all’avversario, ma dopo può essere divertente sederti con lui a tavola. E se una promozione nella massima serie sarebbe difficilissima da sostenere a livello economico, qui l’hockey su prato non è in crisi: in base agli ultimi dati forniti dal dirigente Dalla Vittoria, il numero si sta ormai avvicinando ai 150 tesserati.

Vero, tanta gente ancora non conosce l’hockey. Però, nella stagione appena iniziata si sono riaffacciate nella serie A2 di hockey femminile due società con una grande tradizione: accanto all’Hockey Valchisone, è riapparso anche il Cus Torino, uscito dalla scena della serie A un anno fa. Dopo anni, un nuovo derby torinese: la passione può ancora avere la meglio.


Info

www.hcvalchisone.net

2011

 

 

 

  di Michela Damasco

 

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intervista di Nico Ivaldi


Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Roberta Arias
Gabriella Bernardi
Eleonora Chiais
Michela Damasco
Giulia Dellepiane
Marina Rota

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