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Karakuri. Bambole meccaniche - 2011

 

KARAKURI
Bmbole meccaniche 

5 novembre – 18 dicembre 2011 

Torino, Palazzo Barolo e MAO

 

 

L'Associazione Yoshin Ryu continua l'importante ciclo espositivo dedicato alle bambole giapponesi con una mostra sulle bambole meccaniche, che rappresentano, dal XVII secolo, l'unione delle bambole tradizionali con le conoscenze meccaniche e le tecnologie importate dall'Occidente e sviluppate in Giappone, e sono le antenate della moderna robotica. La mostra è ospitata principalmente a Palazzo Barolo ma ha una sezione anche presso il MAO, il bellissimo Museo d'Arte Orientale di Torino, 

Fin dal Periodo Edo (1603-1868) gli artigiani giapponesi hanno inventato bambole meravigliose che danzavano, servivano il tè, scoccavano frecce, realizzando interi giochi in gruppo, attivati da molle, mercurio e sabbia mobile, o acqua pompata: le Karakuri Ningyō, bambole meccaniche, alle quali è fatto risalire lo studio della robotica, che proprio in Giappone ha raggiunto le punte più alte.

Karakuri significa "dispositivo meccanico per prendere in giro, ingannare, o prendere una persona di sorpresa", e sottintende una magia nascosta, o un elemento di mistero. I gesti delle bambole procurano una forma d’intrattenimento ed hanno influenzato il teatro Noh, Kabuki e Bunraku, tanto che alla fine del 18° secolo gli spettacoli di Karakuri rivaleggiavano con il Kabuki nell’elaborazione di scene e costumi, e le bambole erano utilizzate come intrattenimento pubblico in parchi e zone fieristiche. I mercanti di tè usavano bambole che trasportavano le ciotole attraverso il negozio per porle nelle mani dei clienti deliziati. 

Esistono tre tipi principali di Karakuri Ningyō: 
Butai Karakuri (Karakuri teatrali), ovvero marionette che prendono parte in opere teatrali e spettacoli e sono caratterizzate da movimenti lenti e incredibilmente naturali.

Zashiki Karakuri  (Karakuri da camera) sono più piccole, ma più complesse tecnicamente e più preziose, utilizzate come giochi in casa. Fra le più famose ci sono l'arciere, Yumi-iri Doji e la Chahakobi Ningyō, che serve il tè.

Dashi Karakuri (Karakuri da carri allegorici) utilizzate nelle feste religiose, come riproposizione di miti e leggende tradizionali. 

La conservazione della tradizione Karakuri è stata in gran parte resa possibile dall’opera di Hosokawa Hanzo Yorinao che ha scritto i tre volumi Karakuri. Un’antologia illustrata pubblicato nel 1796, in cui si spiega la realizzazione di quattro tipi di orologi giapponesi e nove tipi di pupazzi meccanici con schemi precisi.

Le bambole Karakuri sono molto ricercate e il complesso di meccanismi e ingranaggi è realizzato ancora a mano da esperti maestri. Esistono anche modelli industriali, in materiali non pregiati, venduti in scatole di montaggio in tutto il mondo. In alcuni supermercati e lungo le strade, oggi, sono utilizzate delle bambole elettriche life-size più prosaiche, vestite in ordinate uniformi blu e guanti bianchi, per salutare i clienti all’ingresso e ringraziarli all’uscita o per indicare lavori in corso e suggerire la dovuta attenzione. 

Non è difficile rinvenire nelle Karakuri Ningyō dell’epoca Edo le antenate di diritto della moderna robotica, che vede negli scienziati giapponesi gli sviluppatori più appassionati.

Ma è in Toyoda Sakoichi (1867-1930), fondatore della Toyota e noto in Giappone come il padre della rivoluzione industriale, che possiamo riconoscere il punto di congiunzione fra il passato e la modernità. Toyoda era un maestro nella costruzione di Karakuri Ningyō. Importò dall’Occidente e sviluppò il principio dell’automazione. Come i suoi colleghi in Europa, inventò molti strumenti automatici di tessitura, fra i quali il famoso primo sistema di sicurezza legato all’industria: grazie a questo, i suoi telai interrompevano il flusso di lavoro automaticamente in caso di problemi. Tale invenzione fu integrata nel sistema di produzione Toyota.

Negli anni a venire, e in particolare dopo la seconda guerra mondiale, l’immaginario collettivo giapponese produsse centinaia di robot sotto forma di manga (fumetti), anime (cartoni animati), film e modellini funzionanti a carica. Un esempio ne è il manga Astro Boy creato da Osamu Tezuka con il titolo di Tetsuwan Atom (Atom dal pugno di ferro) nell'aprile 1952 e serializzato sulla rivista Shonen Manga fino al marzo del 1968.

La creazione di modelli funzionanti e che in qualche modo potessero riprodurre le caratteristiche e capacità umane divenne negli anni ’70 e ’80 una vera e propria ossessione per gli scienziati delle principali industrie giapponesi. Se da un lato Stati Uniti e Unione Sovietica accrescevano i propri armamenti nucleari durante la guerra fredda, in Giappone la corsa fu soprattutto volta alla realizzazione di automi sempre più sofisticati. Nel 2001 il designer Kita Toshiyuki realizzò per la Mitsubishi la scocca di uno degli ultimi robot moderni: Wakamaru. Il piccolo robot è esposto nella mostra.

Shobei Tamaya IX è l’unico Maestro giapponese in vita a discendere da un lignaggio ininterrotto di costruttori di meccanismi e bambole Karakuri. Crea e restaura meccanismi di Dashi Karakuri a Nagoya e Inuyama. Nel 1734 il primo Shobei Tamaya si trasferì dal dominio feudale di Owari (Prefettura di Aichi), l’odierna Nagoya. I suoi antenati avevano appreso l’arte orologiaia da Tsuda Tsukezaiemon, autore, nel 1598, della prima copia nipponica di un orologio occidentale appartenuto allo Shogun Tokugawa Ieyasu e per questo promosso a orologiaio ufficiale della regione di Nagoya. L'unione della tradizione orologiaia con la scultura delle  bambole seguì quasi subito, e per 300 anni creò stupende opere da intrattenimento e contemplazione. 

Molte Karakuri furono distrutte durante e dopo la seconda guerra mondiale: oggi in Giappone è quindi necessario un vasto lavoro di restauro. Shobei Tamaya IX lavora a stretto contatto con il Comitato di Preservazione Culturale in tutto il Paese per restaurare le Dashi Karakuri e in supporto dei tradizionali Festival Karakuri regionali. I suoi lavori possono essere ammirati al Museo Municipale e nel Castello di Inuyama. 

Palazzo Barolo

Via Corte d'Appello 20/C, Torino

MAO – Museo d'Arte Orientale

Via San Domenico 11, Torino

Orario

Palazzo Barolo

Lunedì  - venerdì ore 15-20, sabato e domenica ore 10-20, chiuso martedì

MAO

Martedì, Mercoledì e Venerdì ore 14-18, giovedì ore 14.21

Sabato e domenica ore 10-18, chiuso lunedì

Biglietti

Intero 7 euro, ridotto 5 euro

Biglietto “fans”: 2 euro dalla seconda visita, convenzioni 1 euro

8 dicembre per tutti 1 euro

Scuole (su prenotazione, al mattino) 5 euro

Gratuito per minori di 14 anni e aventi diritto

Info

numero verde 800 911549

www.bambolegiappone.it

 


 

 

 

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Novembre 2011

Karakuri. Bambole meccaniche - 2011
In mostra a Palazzo Barolo le antenate dei robot


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intervista di Nico Ivaldi


Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Roberta Arias
Gabriella Bernardi
Eleonora Chiais
Michela Damasco
Giulia Dellepiane
Marina Rota

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