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A chilometri quasi zero


La Dolce Fattoria di Vigone

 

di Valeria Bugni

Giorgio: Se non esistesse il martedì, dovrebbero inventarlo! Anzi in qualche maniera penso proprio che riuscirei a crearlo io stesso... 

Cristina: Il solito chiacchierone, faresti meglio a profondere il tuo presunto ingegno in una nuova ricetta, piuttosto! 
Giorgio: Certo, certo... magari ci penso tra un giro di cioccolata e l'intervista, che ne dici Cri?
Due fratelli: Cristina, appassionata ed abile pasticcera, un sorriso contagioso; Giorgio, esperto di caseificazione, appassionato, oltre che del lavoro, di vezzi e lazzi goliardici, a quanto risulta da una prima, benché superficiale, analisi. Una mucca stilizzata, che accompagna tutti i prodotti della fattoria, è diventata piuttosto popolare e ricercata tra i bambini che gironzolano in centro con nonni o genitori in orario merenda. Molte altre "colleghe", parecchie anzi, vive e vegete... e muggenti!
Dopo cotante promettenti premesse, qualche schermaglia ridanciana la si può pur sempre tollerare, in fondo, se si tratta di una buona causa. L'amore smisurato per la famiglia, l'estrema cura dedicata al proprio lavoro coniugati ad una vivacissima creatività ben pianificata, fanno il resto.
Questi, in estrema sintesi, sono gli ingredienti che hanno portato la squadra Oggero a un equilibrio organizzativo ed imprenditoriale invidiabile.
Dal 2 Maggio 2009 a Vigone, dove da generazioni è radicata la tradizione agricola familiare, gli Oggero hanno voluto ampliare i propri orizzonti con La Dolce Fattoria, uno spaccio aziendale situato "a chilometri quasi zero" come ama definirlo Giorgio, vista l'ubicazione a tre chilometri dalle stalle vere e proprie.
Come funziona esattamente questa forma distributiva originale e sicuramente inusitata? Dall'esterno, un passante mediamente attento potrebbe scambiarlo per un comunissimo, seppur delizioso, negozietto tipico dei villaggi della pianura torinese. Ma da quale punto di vista vogliamo osservarlo?
Dal punto di vista di Cristina, lo si potrebbe definire "un laboratorio creativo dove dare spazio alle idee più stimolanti, nuove combinazioni di sapori, profumi..."; per il cliente più affezionato "il negozio dove posso scegliere ad occhi chiusi, e, nel frattempo, scambiare quattro chiacchiere simpatiche con due giovani del posto". E Giorgio? "La mia ludoteca!" Scontato...
Lasciando perdere facili ironie, con un'analisi quasi obiettiva (giacché, si sa, una certa soggettività non potrà mai essere debellata in un'aspirante reporter vittima dichiarata di dolcezze quali gelati & affini), La Dolce Fattoria è un locale accogliente, dove ci si sente benvenuti già dalla prima volta. Complici le candide montagnole di gelato in bella vista, la spiritosa mucca stampata sul coperchio dello yogurt, i sorrisi di Cristina e l'affabile parlantina di Giorgio. Ma non si tratta solamente di un paradiso per i golosi del villaggio e per gourmet forestieri. È un mix creativo tra la classica latteria e un punto di vendita diretta in azienda agricola. Una filiera accorciata che porta giovamento a tutti gli operatori della catena agroalimentare: si saltano i passaggi distributivi e il contadino viene remunerato dal consumatore che, oltre a garantirsi un prezzo reciprocamente dignitoso, ha la certezza della provenienza, qualità e salubrità di ciò che porta in tavola. 
Qui tutto è autoprodotto, in ambiente sottoposto a periodici controlli igienico-sanitari, dove i titolari sono contemporaneamente trasformatori e distributori. “Ci mettono la faccia", citando un noto motto Coldirettiano per le produzioni a Km zero: la fiducia del cliente è difficile da conquistare e facile da perdere, e il produttore ne è più che consapevole. Probabilmente non arriveremo mai a conoscere il nome preciso della mucca che ha fornito il latte imbottigliato oggi, ma con grande tranquillità potremo affermare che dai prodotti targati Oggero non si scappa (e meno male!). Qui si trova dal prodotto base (latte crudo e pastorizzato), a quelli trasformati: formaggi freschi, ricotta, yogurt bianco, alla frutta, alla nocciola piemontese (tutti rigorosamente preparati in casa), budini, panne cotte, cioccolata calda (che sotto il periodo natalizio è accompagnata da una fetta di torta in omaggio), le creme catalane, fino alla summa del piacere: il cremosissimo gelato. Certo, il pistacchio non si presenta con la classica nuance verde sgargiante, e non si trovano assortimenti azzardati come gusti puffo, viola, rosa, o impossibili combinazioni stagionali (fragola ad ottobre, melone a gennaio, ecc), ma un prodotto sano, di qualità ed estremamente curato in tutte le fasi della lavorazione (e ideazione).
Sulla qualità non si scherza, precisa Cristina, e ancor meno sul gusto, anche se spesso dobbiamo combattere con richieste assurde di adulti e ancor più di bambini cresciuti a pane e Tv; dei veri esempi tangibili di quanto sia pregnante il potere della pubblicità, e, ancor peggio, di quanto sia diffusa la ricerca del gusto artificiale. Ormai non ci si spaventa più quando ci implorano gusti dai colori fosforescenti... noi trasformiamo solo con prodotti del territorio, che cerchiamo di procurarci il più possibile da aziende limitrofe, in maniera da fare sinergia anche tra chi, come noi, opera in ambito di filiera corta. Da noi è così. Il cliente lo sa, si abitua, ci cerca, si innamora. O, semplicemente, ci abbandona. Ma sono rarissimi"
Il vostro cliente ideale? "Solitamente esigente e pignolo, ma che il gusto, quello con la G maiuscola, ce l'ha ben vivo e presente da quando è bambino... Qui, lo riconoscono. E una volta ritrovato, non lo lasciano più."
Dall'apertura fino a oggi l’agrigelateria La Dolce Fattoria ha dato parecchie soddisfazioni ai giovani fratelli Oggero: un passaparola che ha fatto eco addirittura nel lontano Iran. Esatto. Nella capitale Theran, il titolare di una famosa catena di gelaterie di tipo industriale ha fatto visita, a seguito di un incontro casuale con un vigonese giramondo, agli Oggero per suggerimenti sulla ricetta del tiramisù. Come è andata a finire? A detta di Cristina, Giorgio non stava zitto un attimo nonostante un fantasioso inglese e una notevole differenza culturale. Ma, quando "si è buoni" ci si capisce al volo, e la variante tiramisù-non-alcolico sembra faccia faville nel Paese a predominanza islamica.
E la sacralità del martedì? Giorgio: “è il mitico giorno di chiusura. Dalla mezzanotte e un minuto del lunedì fino alla mezzanotte del martedì successivo, non c'è latte o gelato che tenga, io sparisco!”
Già, anche se le mucche potrebbero non essere d'accordo...

Questo articolo ha ricevuto una menzione alla quarta edizione del Premio Piemonte Mese, Sezione Enogastronomia.

Immagini: Archivio Michelangelo Carta Editore

 

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Hanno collaborato a questo numero:

Nico Ivaldi

Matteo Acmè
Gabriella Bernardi

Valeria Bugni
Alessia Cerandola
Michela Damasco
Giulia Dellepiane
Valentina Roberto
Sabrina Roglio

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