A 16 anni ha deciso di diventare pastore itinerante. Ma il suo è un progetto solido, non solo il bel sogno di un ragazzo...
di Giovanna Boglietti
Quando lo sguardo corre lungo l’arco delle Prealpi Biellesi, capita di incrociare gli occhi di un elfo. Sono gli occhi chiari di un ragazzo biondo e forte che, a soli sedici anni, è diventato pastore itinerante. “Elfo”: così viene chiamato a Biella Andrea Maffeo, quasi fosse una creatura magica. Andrea, figlio di un medico e di un’insegnante, ha avuto il coraggio di abbandonare una vita borghese per fare dell’alpeggio la sua casa. Nessuno, lui per primo, avrebbe pensato che questo ragazzino sarebbe diventato il simbolo di una pastorizia nuova e l’immagine di un territorio, il distretto laniero e tessile del Piemonte e d’Italia per eccellenza, che in piena crisi non vuole chinare la testa.
Andrea è salito in alta quota nel 2008, al seguito del vecchio pastore Niculìn, proprio mentre la Camera di Commercio di Biella stava sperimentando un progetto per il recupero e la trasformazione delle lane autoctone piemontesi.
Niculìn mi ha insegnato tanto, ma è un pastore vecchio. Io sono diverso, voglio vivere della mia passione”. Detto, fatto. Il progetto delle lane piemontesi ha incrociato la scelta di Andrea per merito di due artisti, il regista Manuele Cecconello e il fotografo Andrea Taglier, che hanno seguito il ragazzo per due lunghi anni, di giorno e di notte, di stagione in stagione, documentando spostamenti e difficoltà di un pastore itinerante, custode solitario di ben 200 pecore. Così sono nati il film “Sentire l’aria” e una raccolta di scatti, che gli autori hanno presentato a novembre 2010.
Il 2010 è stato anche l’anno della chiusura del progetto della Camera di Commercio di Biella durato diciotto mesi. Come spiega il presidente Gianfranco De Martini, “Da decenni le pecore in Italia vengono allevate esclusivamente per la carne e per il latte, perché il mercato non richiede più lane autoctone. Di conseguenza, la lana per molti dei nostri pastori è uno scarto, qualcosa di molto oneroso di cui disfarsi e che, pur essendo un prodotto naturale, risulta dannoso per l’ambiente”.
L’industria tessile si rivolge alle lane pregiate, per lo più provenienti da mercati esteri, o alle fibre sintetiche sostitutive, più economiche, mentre la maggior parte delle lane autoctone italiane ha una fibra di diametro grossolano, intorno ai 35 micron, e resta inutilizzata. Il progetto biellese ha fatto proprio di questi “peli spessi” materiale per prodotti di pregio.
Ciò significa, continua De Martini, raccogliere le lane italiane direttamente dai pastori, che ricevono un corrispettivo. Questo compito è stato gestito da Biella Wool Company con l’appoggio di Agenzia Lane d’Italia, che si occupa di trovare un impiego per le lane prodotte nel nostro Paese”.
Sono stati investiti nell’iniziativa trecentomila euro, duecentomila dei quali vengono dal Piemonte.
Con i 40.000 chili di lana sucida acquistati si sono ottenuti due filati, un cardato e un pettinato, e da lì i prototipi di prodotti tessili per l'abbigliamento, accessori, arredamento; addirittura pannelli isolanti e fonoassorbenti impiegati nell’edilizia. In altre parole, è nata una filiera autonoma in grado di collegare i pastori agli operatori tessili e all'oggetto finito. Una filiera certificata, che potrebbe tamponare in parte la graduale riduzione della consistenza degli allevamenti di ovini (nella provincia di Biella diminuiti del 4,8% tra il 2008 e il 2009).
Conclude De Martini: “La sperimentazione è partita con lane frammentarie, adesso si deve proseguire per lotti omogenei e più consistenti. Ricominceremo a gennaio con un plaid tricolore, in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, ottenuto con lane provenienti da Piemonte, Sardegna e Abruzzo e prodotto dallo storico Lanificio Piacenza di Biella. La nostra speranza è quella di poter presentare il plaid al presidente Napolitano”. Di certo, l’iniziativa ha stimolato Slow Food, tanto che la responsabile nazionale Raffaella Ponzio ha annunciato che la storia girata su Andrea Maffeo verrà presentata al Festival “Slow Food on film”. Quanto ad Andrea, oggi diciottenne, da pastore moderno ha impresso il suo viso sul marchio personale “Crusch Gacc”, il nomignolo che si dà ai pastori veri, quelli che dormono con il gregge e che lo seguono con amore.
La filiera è tutta biellese. La tosa delle pecore di Andrea è stata svolta da maestri valsesiani ed ha prodotto trecento chili di lana sucida, dalla quale sono stati ricavati 150 chili di filato. Il semilavorato è stato tinto con erbe e colori naturali dalla Tintoria di Quaregna; dopodiché, la tessitura Locatex di Andorno ha avviato una produzione di plaid e tappeti da tavola, utilizzando telai Galileo a navetta degli inizi del Novecento. La lana biellese è arrivata al Festival di Parigi e la prima linea di stole e sciarpe a Biella è andata a ruba: un kit completo di prodotti (film e raccolta fotografica inclusi) di Andrea Maffeo viene venduto tra i 300 e i 400 euro.
Quanto alla pastorizia in generale, sembra che la nuova microeconomia aggiunga valore all’attività sfiancante dei pastori, per di più se itineranti. La Regione, tra l’altro, ha approvato un piano triennale per la sostenibilità dell'allevamento pastorale in Piemonte, messo a punto dal Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Torino.
Inizieremo con la mappatura capillare delle realtà esistenti nelle province di Torino e Cuneo”, spiega Luca Battaglini, il docente coordinatore del progetto. “Uno dei gravi problemi che i pastori devono affrontare è quello degli attacchi dei lupi, che si stanno espandendo anche nel Biellese. Non solo: c’è stata una lievitazione dei canoni di affitto dei pascoli e restano gravi carenze strutturali degli alpeggi, che impediscono una piena valorizzazione economica del lavoro, specie se si parla della trasformazione del latte in prodotti di alta qualità. Sui pastori gravano poi i costi della profilassi del gregge e le difficoltà di accedere al mercato, dominato dai grandi allevamenti”.
Scrive Marzia Verona sul suo blog Storie di pascolo vagante: “Ricevi meno di un euro al chilo per animali di 100 e più chili di peso. Se si tratta di 4 o 5 capi le cifre sono altre (una pecora scelta può valere 150, 200 euro), ma se invece la contrattazione si aggira sulle centinaia di animali, non arrivi ad 80 euro per pecora. Che ricchezza, eh?”. Tanto che spesso gli agnelli vengono venduti in nero agli stranieri, che procedono a una macellazione particolare.
Sempre secondo Marzia Verona, i contributi sono diminuiti e sovente non arrivano. Inoltre, “rappresentano un aiuto per pastori che allevano razze in via d’estinzione e per chi contribuisce a tenere pulito un certo numero di ettari assegnati, aggiunge Luca Battaglini, ma sono premi alla semi-stanzialità che non includono i pastori erranti: loro non possono quantificare i loro ettari”.
Eppure i contributi per molti restano vera manna e i pastori temono che per direttiva dell’Unione Europea nel 2013, quando scadrà il Piano di Sviluppo Regionale, potrebbero subire modifiche drastiche. Timori fondati, se è vero che alcuni di loro, con un gregge di 400 pecore, guadagnano mille euro al mese.
Conclude Battaglini: “In Svizzera la grossa distribuzione compra la carne direttamente dai pastori. Segno che in Italia deve cambiare la mentalità del consumatore, se si vuole proteggere le economie locali, ma che deve cambiare anche l’approccio alla pastorizia da parte dei pastori. Ecco perché per loro abbiamo pensato a un centro di formazione, che riguarderà anche la tosa”.
Questo articolo ha vinto la IV edizione del Premio Piemonte Mese, sezione Economia
Tutte le informazioni su Andrea Maffeo, il suo progetto e i prodotti ricavati dalla lana delle sue pecore si trovano sul sito www.cruschgacc.it
Una ricca galleria di immagini e tutti i dettagli sul film "Sentire l'aria” sono su www,sentirelaria.it