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La Società Scacchistica Torinese

     

 

LA SOCIETÀ SCACCHISTICA TORINESE

 

di Roberta Arias


Scacchi come scommessa, sorpresa, suspence: un gioco che sembra statico e invece è dinamico, una battaglia violenta che si combatte con dame e cavalieri. In quel di Torino a pochi passi da Corso Vittorio Emanuele e Porta Nuova ci sono ben 370 metri quadrati di spazio in cui far girare le rotelle del cervello alla conquista dello scacco matto.

Un secolo di storia, ricca di retroscena, accompagna il vissuto della Società Scacchistica Torinese: dal Bar degli Specchi in via Mercanti alla sede ufficiale di Via Galliari nel ’74 fino a quella odierna, di proprietà, in Via Goito, senza dimenticare la presenza ai Giochi Olimpici 2006, all’interno dello sfavillante Oval. Una passione già diffusa nella Persia del VI secolo, definita da poeti, scrittori, cineasti, filosofi e scienziati come una palestra dell’intelligenza, una metafora della vita e della morte, un’opportunità di crescita per l’anima, un’allegoria della guerra e dell’ordine gerarchico sociale. 

A guidarci dentro il mondo degli scacchi è Michele Cordara, Presidente della Ssc (Società Scacchistica Torinese) insieme alle pagine del libro Una partita lunga un secolo. 100 anni di scacchi a Torino, di Mauro Barletta. 

L'ingresso del club

Nata ufficialmente il 3 novembre 1910, sotto il segno dello scorpione, “La Torinese”, così chiamata in tutta Italia, è il punto di riferimento della scacchistica torinese, tanto una volta, al tempo dei gentiluomini in frac, quanto nell’epoca attuale dell’informatica e del web. La Torinese vanta quattrocento soci, pubblica il bimestrale “En passant” e organizza seminari e stage con i migliori maestri italiani e stranieri: è la casa degli scacchi, affiliata alla Federazione Scacchistica Italiana e al Coni. Attenta alla didattica e all’agonistica continua a promuovere, oltre ai tornei open e di categoria, importanti incontri quali il Festival internazionale Città di Torino e Scaccomatto, rinomata iniziativa biennale per appassionati del settore.  

Siamo accolti da un lungo corridoio, delimitato da eleganti divanetti in stile retrò, per poi arrivare dritti dritti nel terreno di gioco: intervallati dalla stanza della biblioteca e dal bar, i contendenti si dispiegano, su due piani, attorno a decine di scacchiere. L’atmosfera è seria, sobria e volutamente silenziosa, mentre tra pedoni, re, regine e alfieri è in corso la battaglia. A tradire la calma del gioco sono gli sguardi accesi sulle pedine, le mani nervose e le labbra contratte degli sfidanti. Muovere il cavallo o la torre è un affare delicato e un errore può costarti caro, come nel più cruento dei duelli. Che anche il Conte Camillo Benso di Cavour fosse solito farsi qualche partita al caffè Fiorio, è raccontato nei suoi diari, dove traspare la sua grande sofferenza in caso di disfatta: “Come debole è l’uomo e quanto è grande la vanità!”

La vita scacchistica a Torino prima dell’arrivo della Torinese si consumava nei caffè come l’Alfieri, il San Filippo e il Nazionale o nei bar, su tavolini sistemati davanti al bancone e, se proprio andava bene, in una stanzetta nel retro: una scacchiera diventava un’oasi di libertà da giocarsi a due, vis à vis, senza trucchi né sotterfugi. Gli scacchi nel ’65 cambiano direzione: da gioco “da professori”, diventano gioco degli studenti e di chi ne ha piacere, le informazioni cominciano a circolare, seguite dalla pubblicazione di libri e manuali grazie ai quali la sapienza degli anziani è alla portata di tutti, anche se la strategia personale continua a farla da padrone. E, prendendo esempio dalla Russia, gli scacchi si trasformano in una disciplina scolastica. 

La Torinese investe tempo e risorse nell’iniziativa, andando a prendere i giovanissimi direttamente nelle scuole: il primo Istituto ad ospitare un corso di scacchi, con ben ottanta partecipanti, fu la Scuola Media Alberti, seguita negli anni ’80 dal Terzo Liceo scientifico, dal Cavour, dal Gioberti e dall’Einstein. In collaborazione con l’Assessorato alle Risorse Educative della città, la Sst attualmente insegna i rudimenti del gioco a cinquecento ragazzi. Un’idea ancora in auge, come ci spiega il Presidente Michele Cordara, che segue personalmente la Società dal 1972, anno memorabile per la storica partita tra Fisher e Spassky che fece scoppiare la febbre per gli scacchi in tutto il mondo: “Allo stato attuale sono venti i corsi annuali nelle scuole, gestiti una volta la settimana. 

Dopo due anni circa, se un giovane ha predisposizione al gioco, può iniziare l’attività agonistica, ma è necessario organizzarsi molto bene con i compiti per poter allenarsi e affrontare tornei importanti. È molto utile nelle scuole, è stato davvero un successo, perché aiuta a rispettare le regole, a mitigare i difetti e a confrontarsi. È stato anche evidenziato il suo potere dissuasivo rispetto al bullismo dei gruppi giovanili e, cosa non da poco, è un’alternativa alla playstation, favorisce l’integrazione tra i ragazzi e li spinge a trovarsi uno di fronte all’altro, a misurarsi, è un ottimo modo per diventare grandi e forti”

A lezione, tra femminucce e maschietti è una bella lotta: se le prime si dimostrano più brave e ricettive, perdono presto l’interesse al gioco mentre i secondi, magari più rigidi, una volta capito il meccanismo vanno avanti inesorabili e con costanza. Una domanda nasce spontanea: qual è il segreto, se ne esiste uno, per fare scacco matto? Cordara, Maestro di Scacchi, sorride: “Non c’è un segreto, è la preparazione, l’esperienza, il saper attendere, applicare cervello e “pancia” nelle strategie”. Essenziale per giocare a scacchi è possedere la logica simile a quella richiesta per i quiz: infatti, un fuoriclasse lo si vede subito, non tanto per le vittorie, quanto per la modalità di gioco, per le abili mosse compiute. Cordara aggiunge: “Gli scacchi sono una disciplina meritocratica, se sei bravo vinci sennò perdi, non c’è scusa! La concentrazione è tutto, devi attendere, valutare, mai essere impulsivo. E devi saper stare al tavolo: evitare le discussioni, non ripetere irregolarità di continuo e, se dimentichi il cellulare acceso e suona mentre è il tuo turno, sei squalificato, immediatamente, senza eccezioni”. 

Al passo con i tempi, le partite a scacchi oggi si possono seguire online: www.scacchisticatorinese.it è il nuovo linguaggio di studiosi e appassionati della scacchiera. Il campionato torinese, dagli albori a oggi, è stato il fiore all’occhiello dei giocatori sotto la Mole. Vincerlo voleva dire essere qualcuno: da Germonio a Malvano e Molina, da Sarno a Bacchelli, da Ponzetto a Di Donna, da Gay e Villone a Battaggia e altri; e anche, a dispetto di chi sosteneva che non fosse sport per donne, stelle come Giuliana Fittante, Veronica De Antoni, Tiziana Barbiso ed Elena Sedina, la giovane ucraina giocatrice professionista. 
Il libro parla anche di appassionati che di mosse giuste se ne intendono: giocano a scacchi noti industriali, un famoso futurologo e, tanto per fare un nome, il grande Ennio Morricone. Tra gli scacchisti di Via Goito 13, conosciamo il campione per le regionali 2010 e per le provinciali 2011: Gianluca Finocchiaro, anni 21: “A me piace anche il calcio: io sono un tipo dinamico, non un cervellone, per vincere agli scacchi non devi per forza esserlo, ciò che conta è la strategia che utilizzi”. Incontriamo anche i genitori di dueragazzi dell’Agonistica Juniores, allievi della Scacchistica Torinese. La mamma di Matteo, 11 anni, di Novara, legge un libro nell’attesa che l’allenamento termini e commenta: “Io seguo mio figlio, lo accompagno sempre. È una fatica, ma lui è così determinato, non lo ferma nessuno. L’ambiente è molto piacevole, anche l’altro mio figlio ha solo sei anni, ma è già intento a fare sul serio con gli scacchi. È uno sport bellissimo, molto duro e stressante, a livello psicologico, soprattutto. Quando sono in gruppo i ragazzi si divertono, ma durante i tornei mio figlio Matteo patisce la sconfitta”. Il papà di Massimiliano, 16 anni, agonista da cinque, segue il ragazzo nelle competizioni in tutta Italia: “A volte le partite durano ore e ore. Noi facciamo avanti e indietro da Chivasso. I maestri sono bravi, i giovani imparano bene, certo lo stress emotivo è fortissimo: anche se non sembra è una disciplina aggressiva, è un’esperienza molto forte”

Vivere di scacchi è difficile: c’è chi ce la fa dando lezioni private e vincendo i grandi trofei, ma è raro, di talenti ne esistono pochi. E intanto la Sst Subalpina ha dato prova nel tempo di saperci fare con gli eventi: prima l’Open Internazionale “Città di Torino” organizzato tra il Maggio e il Giugno del 1972 che raccolse 162 partecipanti e, di recente, l’avventura delle Olimpiadi degli Scacchi nel 2006 all’Oval di Torino, un obiettivo che all’inizio irraggiungibile, voluto e diretto da Cordara: “Erano presenti 147 nazioni, 2000 persone circa, è stato davvero un bel traguardo”. E ora, confessa il presidente, un altro sogno nel cassetto ci sarebbe: “Vorrei organizzare una partita vivente come a Marostica. Mi vedrei bene una sfida con 100 figuranti con i cavalli, magari in Piazza San Carlo, chiusa ad anfiteatro: magnifico, sarebbe magnifico!”. 

 

 

 

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Hanno collaborato a questo numero

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Gabriella Bernardi
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Gabriele Guccione
Sabrina Roglio
Marina Rota
 

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