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Il Museo del Giocattolo di Bra

COMINCIÒ CON UN CAVALLUCCIO

Il Museo del Giocattolo di Bra


Gabriella Bernardi


Il logo del MuseoAlle volte vi assale la nostalgia dei tempi in cui non vi perdevate nessuna puntata della dolce Heidi o gli scontri del tecnologico Goldrake? Purtroppo tornare bambini non si può, ma andare a Bra in via Guala 45, sì. 

All’interno della Biblioteca civica si trova una vera chicca per i più piccoli e non più tali anagraficamente: qui infatti da pochi anni ha sede il Museo del Giocattolo, uno dei più importanti nel suo genere, se non l’unico pubblico, per numero e qualità di pezzi nell’area piemontese.

Un originale allestimento raccoglie più di mille giochi distribuiti in sei moderne sale tematiche e Simona, un’operatrice esperta, accompagna i visitatori svelando tecniche di costruzione, curiosità e storie, come quella dell’oggetto più importante: un cavallo di legno e una promessa ad esso legata, dalla quale tutto ha avuto origine. Il cavallo di legno venne acquistato da un antiquario di Bra, Michele Chiesa, e quando lo vide suo figlio Giovanni gli promise che gliel’avrebbe regalato. Fin qui nulla di particolare, ma in questa storia lieta si inserì un elemento di disturbo nella persona di un acquirente insistente che stava per portarsi via il bel giocattolo; sentendo questo il piccolo Giovanni tentò di distruggerlo come reazione al suo tradimento, ma a quel punto intervenne il padre che fermò trattativa e distruzione. 

Bambole d'epocaLa morale è presto detta, come sentenzia Simona: “Questo insegna che le promesse si debbono sempre mantenere, soprattutto quelle fatte ai bambini”. Da quel giorno inizia “quasi per gioco” la collezione da un deposito di vecchi giocattoli che Chiesa decide di non vendere bensì di ampliare, così nell’arco di trent’anni la raccolta viene arricchita con oggetti che suscitavano in lui particolari emozioni e che riusciva ad acquistare a basso costo in un periodo in cui, in Italia, i giocattoli non erano ancora considerati importanti. Crea così una raccolta che comprende non solo prodotti industriali o artigianali, ma anche giocattoli frutto di produzione familiare o popolare con caratteristiche peculiari per la storia del gioco arricchendola con altro materiale come fotografie, libri, cartoline, piccoli arredi, rari fumetti ed altro ancora tutto quanto sempre collegato al mondo dell’infanzia. 

Questa bella avventura arriva al 1995 quando l’antiquario decide di esporre, presso la sua abitazione, la collezione di giocattoli con esemplari dalla fine del ‘700 agli anni ’70 del ‘900, alcuni dei quali unici. Il successo è tale che decide nel 2007 di concedere alla cittadinanza il suo museo affidandola al Comune di Bra. Oggi all’interno del Centro Culturale Polifunzionale “G. Arpino”, in locali, adeguatamente attrezzati e fruibili da un maggior numero di visitatori, si segue un percorso che si snoda dalla prima infanzia, dove si possono vedere trottole, culle o fasciatoi. 

Simona fa notare che non è facile rintracciare o recuperare girelli, seggioloni, culle e fasciatoi perché, cresciuti i bambini, è normale disfarsene, però in questa sala vi sono alcuni esemplari anche curiosi, come una particolare seggiola in legno della Val Varaita costruita da un anonimo padre per “immobilizzare” il figlio nei momenti in cui nessun adulto poteva accudirlo. Molto belli e in buono stato sono vari giocattoli che servivano a stimolare i sensi del bambino: sonaglietti, scatole e piccoli strumenti musicali, trottole, carrettini a forma di animale ed automi in latta litografata, revottine e marotte. Queste ultime sono costituite da un’asticciola di legno alla cui estremità si trova il busto di un pupazzetto con sonagli pendenti dal suo abito. L’utilizzo da parte di un adulto era quello di avvicinarlo al neonato per stimolarne la percezione acustica-visiva, un po’ come avviene oggi con quegli oggetti, di solito api o farfalle di plastica, che si posizionano sulla culla.

Simona domanda ai piccoli visitatori presenti quanti giochi possiedono a casa; emerge un numero strabiliante per qualunque bambino - ricco o povero - di due secoli fa. Il motivo è evidente: una volta i pochi giocattoli erano realizzati dai genitori o dagli stessi bambini con materiale di recupero. E nelle famiglie ricche con quelli ricevuti in regalo, costruiti da abili artigiani, non ci si poteva quasi mai giocare a proprio piacimento, perché delicati e costosi e, come spiega Simona, “allora il fanciullo veniva considerato unicamente un essere in crescita che doveva uniformarsi ai modelli prestabiliti dagli adulti e il gioco era ritenuto inutile e diseducativo. Solo da metà '800 s’iniziò a parlare di gioco e giocattoli come elementi necessari allo sviluppo intellettivo del bambino, al quale si riconoscono proprie esigenze, fantasie, aspirazioni”. Nacquero così le prime piccole fabbriche di giocattoli, in particolare di bambole e soldatini, che producevano pochi e costosi balocchi con legno, metallo, cartapesta, stoffe, porcellana.

Antichi tricicli

Con le nuove tecnologie ed il mutare della moda molte s’ingrandirono per diventare, tra fine ‘800 e primo ‘900, vere e proprie industrie che sperimentarono nuovi materiali come latta e celluloide. Messi in commercio in grande quantità e quindi facilmente reperibili nei negozi o sulle bancarelle, in breve tempo si diffusero coloratissimi aerei, trenini, soldatini, automobili. Dopo il secondo conflitto mondiale e fino agli anni ’60, latta e celluloide ebbero ancora un momento d’oro per essere poi sostituite da un nuovo ed più economico materiale: la plastica.

In un’area dove domina il rosa si scopre la sezione delle bambine: educate a diventare brave mogli e mamme, di certo non potevano mancare le bambole. Solo dal ‘600 inizia la vendita di quelle con articolazioni snodate e viso e parti del corpo accuratamente dipinte; prima costruite in legno, cartapesta e stoffa, poi in cera o porcellana, infine in plastica. Tra le decine di bambole dell’800 e ‘900 in biscuit, vetro, pregiati tessuti e veri capelli, fanno bella mostra quelle italiane della Lenci di Torino, in feltro dipinto a mano e vestiti in organza. 

Curiosissima la collezione di vere mini macchine per cucire, date in omaggio alle madri che ne acquistavano una “vera”. Non poteva mancare la sezione scuola del primo ‘900 che espone pennini, calamai e la bacchetta della maestra per le dolorose punizioni, nonché le immancabili fionde.  “ Persino la cartella di legno si trasformava all’occorrenza in un bellissimo gioco; infatti nelle giornate nevose veniva usata come slitta”. Tra i giochi didattici non poteva mancare “il meccano per inventare costruzioni in miniatura con singoli pezzi in metallo da assemblare con viti e dadi, il primo gioco brevettato che arricchì il suo inventore”

I teatrini, burattini e marionette terminano questo giro nostalgico delle infanzie passate; ormai anche loro hanno ceduto il passo ai cambiamenti nel mondo dello spettacolo infantile portati verso la televisione, le videocassette e i dvd. 

A proposito, stavo dimenticando: Heidi e Goldrake ci sono, scoprite voi in quali sezioni, ma poi non fatevi prendere troppo dalla malinconia...

Biblioteca Civica 

Via Guala, 45 Bra

Info

Tel. 0172 413049

www.comune.bra.cn.it/citta/museo_giocattolo.html 

 

 

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Hanno collaborato a questo numero

Nico Ivaldi
Roberta Arias
Gabriella Bernardi
Michela Damasco
Giulia Dellepiane
Eliseo Manduzio
Sabrina Roglio
Marina Rota
Stefano Saroglia
Simone Schiavi
Elisa Viglio


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