ORLA IL GIAGUARO
incontro con il pioniere del football americano in Piemonte
Nico Ivaldi
C’era il pubblico delle grandi occasioni allo stadio “Primo Nebiolo” di Torino per la recente sfida tra Italia e Germania di football americano. Millecinquecento, tra appassionati e curiosi, ad applaudire il team azzurro, che, benché sconfitto 26 a 0, ha destato un’ottima impressione.
A incitare gli italici Blue Team, nascosto tra la folla (anche di giovanissimi) un sempre pimpante Piergiorgio Orla, fisico perfettamente conservato nonostante i cinquant’anni. Esattamente trent’anni prima c’era anche lui tra gli azzurri che avevano violato il sacro suolo teutonico: protagonista nella vittoria secca per 22 a 0 e autore della meta del pareggio (15 a 15) nella seconda sfida della tournée.
“Fu il classico miracolo italiano” ci racconta un eccitato Orla a fine partita. “Loro avevano alle spalle più esperienza, noi eravamo nuovi di quello sport”.
Infatti, in Italia il football è giunto tardi, a fine anni Settanta. Merito di un gruppo di giocatori di rugby piacentini, che avevano creato una squadra - Le Pantere Rosa - sull’onda del successo di film quali Quella sporca ultima meta e Il paradiso può attendere, che avevano contribuito alla diffusione nel nostro Paese dello sport più amato dagli americani. Dopo Piacenza, anche Milano e Gallarate ebbero le loro squadre, rispettivamente i Rams e i Frogs. Dunque, Lombardia sugli scudi.
(Storicamente vale la pena ricordare che la prima partita di football in Italia si svolse a Bari tra militari americani il 23 novembre 1944 davanti a 5.000 spettatori: il trofeo in palio fu chiamato Bambino Bowl.)
E Torino? Come si è formata la squadra dei Giaguari?
“I Giaguari, spiega Orla, sono nati grazie all’iniziativa di due canottieri: Luigi Piccatto, celebre fumettista del team Bonelli, e Maurizio Berini. A loro si sono uniti il sottoscritto e Roberto Massucco, che aveva già esperienza di college americani, conosceva gli schemi, sapeva già com’era il gioco. Ci allenavamo alla Sisport in corso Moncalieri, in un campetto di calcio attiguo alle piscine e al circolo di canottaggio. Nei primi tempi, molto pionieristici, ci allenavamo senza protezione, poi abbiamo acquistato l’attrezzatura e la cosa si è fatta più seria”.
Quando avete giocato la prima partita?
“Nell’80 al Ruffini, che all’epoca era ancora un campo di patate, non la bella struttura che è oggi. Nel primo campionato organizzato nell’81 dall’Aifa (Associazione Italiana Football Americano) vinto nella finale di Santa Marghertita Ligure dai Rhinos Milano sui Frogs Busto Arsizio, noi siamo arrivati quarti. Una curiosità: tra quelle cinque squadre che hanno dato vita al torneo, c‘erano le Aquile di Ferrara, la prima con lo sponsor, che era la Champions. Completavano quel gruppo i Rams Milano. Io ho fatto parecchie mete e ho acquisito una buona esperienza”.
Che cosa ti piaceva del football?
“Mi piaceva l’idea dello scontro fisico, della velocità, anche se fisicamente non mi reputavo idoneo a praticare quello sport. Provenivo dal tennis, dallo sci, dal basket, tutte discipline dove la velocità non era la prima dote richiesta. Allora, dopo gli allenamenti, ho cominciato a fare palestra, a correre per conto mio e così mi sono irrobustito”.
Come venne accolto a Torino questo sport a Torino semiconosciuto?
“C’era tantissima curiosità, soprattutto fra i giovani. Molti venivano ai nostri allenamenti, ci chiedevano di provare ma dopo i primi colpi rinunciavano. Era comunque uno sport duro. Noi dei Giaguari ci mettevamo del nostro, giocando a fare i nonni contro le burbe. Ma era un modo per mettere questi ragazzi alla prova anche psicologicamente, non solo fisicamente”.
Chi scrive ha ritrovato nel suo archivio un articolo del marzo 1980 pubblicato sul “Piemonte Sportivo”, dove raccontava la storia dei neonati Giaguari…
“Lo conservo gelosamente” dice Orla. “Sei stato uno dei primi a parlare di noi. Ma non era difficile, all’epoca. Promuovere questo sport era una cosa semplice, erano gli stessi giornali, le radio private, le televisioni commerciali, anche loro agli albori, a chiederci notizie, a venire a vederci alle partite. E poi noi facevamo un sacco di volantinaggio in giro per la città invitando la gente a sostenerci”.
Com’è proseguita la tua carriera?
“Dopo quel campionato sono stato convocato in Nazionale. Con me c’erano Giorgio Costa e Maurizio Berini, più un paio di giocatori di Ferrara; tutti gli altri appartenevano a squadre milanesi, che la facevano da padrone”.
Complessivamente quante partite hai giocato con la maglia azzurra?
“In Nazionale ho giocato 10 partite, l’ultima a Riccione nell’85 contro una selezione Usa che ci ha sconfitti”.
Sempre con la casacca gialla e blu dei Giaguari, Orla diventa assistente allenatore. In seguito va ad allenare la squadra dei Tauri, che si erano fusi con i Gators, la terza squadra di Torino.
“Quell’anno, nel derby, noi dei Tauri abbiamo sconfitto i Giaguari. Personalmente, non ho mai perso una stracittadina. In seguito ho allenato i Mastini di Ivrea, con i quali ho vinto il Campionato di serie B. L’anno del mio ritiro è coinciso con la vittoria dei Giaguari nel Superbowl, il loro primo e per ora unico titolo”.
Il più grande rimpianto della tua carriera sportiva.
“E sì, non so cos’avrei pagato quel 6 luglio del ‘91 per essere a Monza, in un pomeriggio torrido, con i miei compagni. Battemmo i Phoenix San Lazzaro di Bologna, e quella vittoria ci valse la partecipazione al Campionato Europeo, dove perdemmo, nella finale in Svezia, contro gli Amsterdam Crusaders.
Però di soddisfazioni te ne sei tolte comunque…
“… Tipo aver battuto per due volte gli americani. Una volta con la Nazionale a Bologna nell’83 (dopo aver vinto gli Europei) abbiamo vinto contro gli United della base Nato di Vicenza. L’anno prima avevamo battuto gli Aviano Eagles, ma io non giocai perché infortunato. Ricordo l’incredulità dei giornalisti statunitensi di “Stars and Stripes”, il giornale delle forze armate, che definì in termini catastrofici la sconfitta della loro squadra”.
Negli anni seguenti per i Giaguari è il declino societario e di gioco. Nel 1996 un gruppo di giocatori, ex e non, prendono in mano le redini della squadra, che deve cambiare il nome in Tigers Torino per tornare all’originale Giaguari Torino nel 2003. E Orla?
“Nel frattempo mi ero dato al commercio. Avevo messo su la catena di negozi All American, dove vendevo prodotti originali degli sport americani. Andavano forte le scarpe da basket, le magliette e i giubbotti. Siamo stati i primi a Torino. Quando ho chuso l’attività nel 2002, in Italia c’erano quattro filiali”.
Oggi Piergiorgio Orla si diverte a praticare il triathlon, uno sport in ascesa in Italia basato su tre discipline: corsa, nuoto, bicicletta. Ma soprattutto segue i progressi della figlia Alessia, giovanissima speranza del triathlon nazionale. Però il ruggito dei suoi Giaguari, beh, quello, non potrà mai dimenticarlo…