UN PITTORE DI-VINO...
Due ciance con Enzo Reda
Nico Ivaldi
Bordeaux, Bourgogne, ma anche Barbera d’Asti, Lambrusco di Parma, Primitivo di Manduria, Morellino dell’Isola del Giglio: sono solo alcuni dei vini che Vincenzo Reda, dopo averli annusati e gustati, ha deciso di utilizzare come colori.
I suoi dipinti su vino (come soggetti sempre bicchieri perché, dice Reda, “costituisce un fatto naturale dipingere bicchieri col vino”) sono esposti in molte gallerie d’arte in India, in Sudafrica, in Brasile, in Germania, negli Stati Uniti, ma anche a Pantelleria, Pesaro, Venezia, e in posti alternativi, come bar e ristoranti.
Proprio il caffè Elena, dove si svolge questa chiacchierata, ospita un paio di sue installazioni.
“È gratificante sapere che a un metro dalla tua testa sia appeso al muro un mio lavoro”, sussurra Reda, calabrese di nascita ma torinese d’adozione, gustando il suo calice di Erbaluce.
Oggi è uno dei pochissimi pittori al mondo specializzati nell’utilizzo di questa particolare tecnica artistica. Tutto nasce da una macchia su un biglietto da visita...
“Era il 1993. Mi trovavo a pranzo con due maestri calligrafi parigini, con l’editore Enrico Tallone e con Aldo Novarese, forse il più grande disegnatore di caratteri del ‘900, ne ha disegnati 300 tipi diversi. Mentre i francesi ci spiegavano la storia dei caratteri, sul biglietto da visita di Novarese cadono due o tre macchie di vino. Dopo qualche giorno, per puro caso mi ritorna in mano il biglietto da visita e vedo che le macchie di vino avevano lasciato delle tracce particolari”.
Da quel momento Reda comincia a fare esperimenti per trasferire il prezioso liquido su carta, ma s’imbatte in mille difficoltà. Finché non trova la formula giusta e, su consiglio dell’amico Luigi Veronelli, decide di esporre i primi quadri a Capoliveri, nell’Isola d’Elba. Un importante enologo come Vittorio Fiore gliene compra qualcuno e da quel momento sponsorizza l’attività di Enzo Reda.
Qual è il procedimento?
“Ci sono due possibilità. O mettere il vino sulla carta e aspettare che evaporino l’alcol e l’acqua e che le sostanze coloranti si fissino bene sulla carta, ma è un procedimento lungo che può durare fino a tre mesi. Oppue mettere il vino in un piatto molto largo e aspettare che evapori tutto il resto; il residuo caramelloso è ciò che resta per colorare. Utilizzo poi spugne e siringhe per assorbire il vino in eccesso”.
Perché disegni solo bicchieri?
“Beh, il calice è la forma perfetta, come l’albero: le radici affondate nella terra, le chiome a frustare l’aria e respirare l’universo. E poi i bicchieri hanno un significato sensuale, femminile”.
Tutti i vini si adattano a essere utilizzati come colori?
“Io dipingo solo vino che conosco e che bevo”.
Che cos’è per te il vino?
“Il vino è una storia che comincia dallo sfaldamento delle rocce in ere geologiche, che continua con l’evoluzione del clima e la crescita di una pianticella tenace e delicata, che si conclude con l’inizio di un’altra storia, questa volta popolata di uomini. E poi io ho sempre vissuto nel vino, i miei nonni e mio padre vendemmiavano, i miei genitori si sono conosciuti attraverso le vigne”.
Questa, di pittore del vino, è solo l’ultima delle tante vite vissute da Enzo Reda, che comunque è un artista ancora giovane, essendo nato soltanto cinquantasei anni fa.
“Diciamo che sono uno che fa tante cose perché sono pieno di curiosità”.
Ora, per esempio, che cosa stai facendo?
“Oltre a dipingere, sempre di notte, sono consulente di ‘Focus Storia’ e scrivo articoli per riviste di enogastronomia”.
Nel ’75, Enzo Reda consegue il diploma di aiuto regia con Adriano Cavallo che, insieme con Nanni Loy, era l’unico aiuto regista che Orson Welles pretendeva quando veniva a girare in Italia. Poi ha girato con Plinio Martelli il film sperimentale di body art Ogni corpo occupa un suo spazio, presentato alla Biennale di Venezia e oggi di proprietà della Gam. Nel ’76, dopo l’avventura a Tele Torino International durante il periodo degli spogliarelli delle casalinghe, comincia la sua avventura dai microfoni di una delle primissime radio libere di Torino, radio Abc.(anche una delle prime a trasmettere in stereo).
È qui che l’autore di questo articolo, collaboratore della storica emittente di via De Sonnaz, l’ha conosciuto e, fin d’allora, ne ha ammirato l’eclettismo.
“Ho vissuto a tempo pienissimo il periodo d’oro delle radio private o pirata, come si chiamavano allora, tra il ‘77 e l’80: trasmettevamo 24 ore su 24”.
Anche la notte…
“Quello era il momento clou. Arrivava in radio il popolo della notte, al quale noi tenevamo compagnia: poliziotti, travestiti, prostitute, panettieri, tramvieri. Venivano in radio a portarci caffè, cornetti caldi, liquori. Così, per amicizia, per simpatia. Era un’umanità incredibile. Affezionata a noi. Ma in quel periodo venivano a trovarci in radio anche personaggi come Renato Zero, che una sera posteggiò sotto la radio il suo Jaguar XJ rosso metalizzato. Un altro artista che veniva spesso a farci visita era Umberto Tozzi. Tra i nostri fan dell’epoca ricordo volentieri Alba Parietti, che non lavorava da noi, però. Era bellissima, con gran belle gambe ma pochissimo seno. Era una ragazzotta furba, già si capiva che avrebbe fatto strada.”
Se non ricordo male, radio Abc fu la prima radio privata a dare l’annuncio del rapimento Moro..
“Il nostro Emanuele Fiorilli, oggi corrispondente Rai da Madrid, appena avuta la notizia (fu il primo, grazie ai suoi misteriosi canali) la comunicò a tutte le radio e il tam tam si diffuse. Nel ’78 non era come oggi, non c’era internet, però le radio private riuscivano lo stesso ad arrivare dove volevano. Abc è anche stata fra le prime radio a far partecipare direttamente le persone, a farle interagire, a parte i programmi delle dediche. I reality nascono in quegli anni, dalle radio private e poi dalle televisioni”.
Un esempio di reality?
“Una volta abbiamo invitato una ragazza a entrare in una stanza della radio e, come sottofondo musicale, abbiamo messo il racconto di una persona che era stata invitata in una radio privata ed era stata poi dimenticata. Alla fine siamo andati a prenderla perché la poveretta si stava spaventando a morte...”
Sbaglio o erano anche i tempi di “Pierino la peste” Chiambretti?
“Pierino arrivava da Radio Manila, dove aveva inventato i suoi primi programmi demenziali. Era un cremino, sempre alla ricerca di donne, ma non batteva mai un chiodo. Una volta andammo in una ventina a casa di un amico a Bardonecchia. Eravamo in gran parte accoppiati, lui era solo. Si dovette sorbire le nostre effusioni e l’indomani mattina a colazione, divertì tutti con la telecronaca di quella nottata, per lui finita in bianco…”
Non solo musica ma anche teatro, ad Abc in quegli anni.
“Detenevamo un altro record: eravamo gli unici a leggere testi di racconti che sceneggiavamo. Erano pièces con la rumoristica, molto apprezzate dai nostri ascoltatori”.
Prima che la radio andasse lentamente a morire per la mancanza di una struttura commerciale ad hoc, Enzo Reda si era già dato alla fotografia pubblicitaria con ottimi risultati e, successivamente, all’imprenditoria, come direttore commerciale di molte realtà nel campo del marketing e dell’editoria.
Oggi nel tempo libero (lui ha giornate di trentasei ore...) scrive libri, l’utimo dei quali è Quisquilie & Pinzillacchere, storie di vita, di uomini e di donne e di altre cose degne di essere conosciute.
Come il vino, ma qui si ritorna all’antica, ancestrale passione di Enzo.