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Donne al volante... finalmente!
DONNA AL VOLANTE... FINALMENTE!
Le tassiste torinesi dimostrano ogni giorno che non ci sono "lavori da maschi"
Roberta Arias
A sfatare il pregiudizio che la donna guida peggio dell’uomo e che certe cose “sono da maschi”, ci pensano le tassiste di Torino. Basta andare a Porta Nuova o nei pressi di Corso Dante per trovare il parcheggio dove sfilano in bianco e su quattro ruote! Di tutte le età, di bell’aspetto e altrettanto gentili, queste donne piemontesi hanno deciso di abbandonare il lavoro d’ufficio o il negozio per mettersi in macchina.
Non si tratta certo di un lavoro facile, né leggero: si parla di 10-12 ore di servizio al giorno, ma con il grande vantaggio di avere orari flessibili, permettendo così ad una donna di essere anche mamma e moglie. Per questo motivo, e non solo, il numero delle “taxi driver“ sta aumentando in Piemonte. E per chi ancora pensa che la donna al volante sia ancora un “pericolo costante”, è perché non le ha viste all’opera: cordiali, grintose e capaci, rappresentano il lato dolce del servizio taxi.
Il Presidente della Cooperativa RadioTaxi, il Dott. Bestente, è orgoglioso del suo organico femminile: “Una trentina di donne, molto motivate e professionali. A dispetto degli uomini, devo ammettere, hanno la guida più pacata e poi hanno un bel modo di rapportarsi con i clienti, sono garbate”. Oggi sono molte quelle che si contano nell’albo professionale dei tassisti, mentre fino a pochi anni fa per una donna era davvero inconsueto scegliere quella strada. Al proposito, Bestente commenta: “Mi ricorderò sempre di una donna, Marisa, una pioniera del mestiere, forte e coraggiosa: ha iniziato anni fa e ha continuato fino alla fine, riuscendo ad allevare i figli e a mantenere la famiglia. Adesso il figlio fa lo stesso lavoro della mamma, un bell’esempio”.
E se la donna in Italia ha iniziato la sua emancipazione sociale soltanto nel 1946, oggi può condurre un taxi e portare a spasso dirigenti d’azienda, professori, vip, giovani, vecchi, belli e brutti. Come? Impegnandosi a muso duro con quella tenacia e quel pizzico di stravaganza che contraddistingue il “sesso debole” e lo sa rendere tutt’altro che fragile.
Chi per necessità, chi per scelta e chi perché ci si è trovata dentro, le donne tassiste affrontano il traffico della città, la ztl, i numerosi semafori di Corso Francia e Corso Vittorio, il maltempo, i pericoli della strada e non solo. Molto spesso si trovano a contatto con le vicende della gente, diventandone complici, oppure, come in alcuni casi dove la riservatezza della macchina lascia spazio alla chiacchiera, si prestano all’ascolto di coloro che, più soli di altri, sentono il bisogno di fare due parole con un interlocutore umano.
Forse le loro storie non sono avventurose come quelle di cui era protagonista De Niro in Taxi driver, ambientato nella New York del 1976, ma è affascinante entrare nella loro quotidianità fatta di corse, incontri, episodi in una città come Torino, che sta diventando una metropoli caotica e altrettanto cosmopolita, ambita meta turistica dodici mesi l’anno. Approfittando di una sosta tra una corsa e l’altra, siamo andati in giro a cercarle e le abbiamo incontrate: sono Daniela, Giuliana e Nuccia, tre esempi diversi di come una donna vive e sente questa professione.
Daniela lavora dal '92. Ha iniziato con l’appoggio del suocero mentre il marito, benché tassista anch’egli, all’inizio era contrario alla sua scelta, nutriva delle perplessità temendo che non fosse sicuro. “Sono contentissima, non potrei mai fare un lavoro d’ufficio!”, commenta. Non definendosi un “animale notturno” ha scelto l’orario diurno dalle 8:30 alle 18 e ha un figlio di 15 anni a cui ha potuto dedicare tempo, anche grazie a questo lavoro. La cosa che le piace di più del suo lavoro? Il rapporto con la gente e con colleghi che, ci confida, la considerano la “numero uno” del gruppo e ogni giorno si dimostrano protettivi con lei. Che cosa cambierebbe? Forse, commenta lei, le corsie preferenziali: a Torino sono troppo poche! La cosa più difficile con cui fare i conti? Cercare di conciliare gli impegni della famiglia con quelli lavorativi. Ci domandiamo se i torinesi siano abituati all’idea del taxi al femminile, Daniela ci risponde: “Rispetto ad altre città è piuttosto chiusa, ancora un po’ scettica: nell’immaginario comune sei considerata ancora “un uomo” quando lavori, anche se poi di fatto, noto che sono tutti gentili con noi. La gente è educata, apprezza i piccoli gesti come caricare i bagagli nel baule o aspettare a ripartire dopo che una persona è entrata nel portone di casa; la gentilezza porta gentilezza”, spiega Daniela.
Essere donna aiuta in certi casi, perché con alcuni clienti si crea una sorta di complicità femminile, ci racconta: “Mi è capitato di stare al gioco davanti ad una richiesta un po’ bizzarra. Una ragazza mi ha chiesto di consegnare il regalo di nozze al suo compagno portandolo a destinazione con il taxi. Sembrava di essere in una favola, io davanti al volante e sul sedile posteriore un mazzo di rose rosse e un orologio impacchettato. La sorpresa è stata un successo, ci siamo divertiti tutti! Ho trovato curioso il ribaltamento dei ruoli, una “lei” che demanda un’altra donna di farsi messaggera di una dichiarazione d’amore, una cosa che di solito è lasciata ai maschietti”.
Tuttavia, non è sempre così semplice lavorare. A Daniela è capitato di ricevere con insistenza delle avances da un cliente e l’unico modo per arginarle è stata l’ironia. In un altro caso, invece, è stata anche vittima di un’aggressione, per fortuna senza gravi conseguenze: “Io penso che certi uomini non riescano ad accettare la libertà delle donne e cercano di fartela pagare, anche se tu sei seria e non fai proprio nulla per meritartelo”. I suoi colleghi sono degli “zii” per il figlio: “Sì, sono veramente degli amici per me. Mi ricordo di quella volta in cui ho fatto salire un tipo con una brutta faccia. Un mio collega, che aveva visto tutta la scena, ha segnalato il caso alla centrale che mi ha fatto rientrare con un pretesto, perché poteva essere pericoloso. Io lì per lì non ci ho fatto caso, ma poi ho notato che questo tizio non me la contava giusta e voleva essere portato in un posto in campagna… insomma, i miei colleghi sono davvero attenti, gli sono grata. Io mi sento al sicuro sul taxi perché so che non sono mai sola!”
Se fai questo mestiere qualcosa da espiare ce l’hai!”, esclama con tono un po’ sarcastico Giuliana, ex agente di commercio, che oggi vive in compagnia della figlia e dei gatti. Da cinque anni fa il turno di notte per avere tempo di giorno: “È necessario, me lo faccio piacere!” Alla domanda se il suo è un lavoro strano per una donna, ci risponde: “Più donne si vedono, più donne lo fanno”. A lei, che viaggia quando la città dorme ancora, la notte non sembra far paura: “Mah, qualcosa certo può capitare, ma nulla di diverso da quello che può succedere a un uomo, dipende dalla nostra sensibilità, da come vivi le cose, io uso più la testa e meno la clava!”
E poi c’è Nuccia, 53 anni, una vera entusiasta della sua attuale professione. Dopo quarant’anni di lavoro in negozio, prima la panetteria, poi la tintoria e infine l’enoteca, da qualche anno ha realizzato un sogno: essere tassista. “Adoro guidare, stare in contatto con la gente. Quando metto il sedere in macchina mi sento una regina! La mia prima corsa è stata in Corso Giulio Cesare, ah, bello, me la ricordo ancora adesso!”. Nuccia ha scelto il turno spezzato, dalle 7;30 alle 13 e dalle 15 alle 21:30, salvo qualche eccezione serale in occasione di eventi particolari: “È un lavoro flessibile, ti permette di seguire la famiglia. Io ho una figlia, per esempio. Mi giostro le ore, decido quando mangiare, a volte nella pausa mi faccio anche i capelli!” Il suo rapporto con i colleghi è buono: “Sì, sì, mi trovo bene con tutti, i maschi non si fanno problemi, per loro siamo tutti un po’ camionisti! E poi io sono una che vive e lascia vivere” Ci chiediamo se in tutta questa euforia, Nuccia non abbia qualcosa da confidarci e se, come donna, non ha mai avuto paura: “Esperienze brutte, per fortuna, non ne ho mai avute. Temo le rapine, ma non le avances. Io sono un donnone, sono gi altri che devono avere paura di me!!! A volte ho temuto, ma le centraliniste mi hanno sempre aiutato, è molto utile il contatto via radio”.
È senza dubbio particolare la scelta di una donna che, non più giovanissima, decide di mettersi al volante per la città, ma nel suo caso è stata la realizzazione di un desiderio: “Lavoravo con una ragazza i cui parenti erano tassisti e fin da allora provavo un certo fascino nel sentirla parlare di loro: allora mi sono detta, se lo vuoi fare, fallo! Ed eccomi qui. Per me è un orgoglio esserlo”. Al pensiero di guidare per un uomo, Nuccia dice: “Mi è capitato di portare quattro signori in macchina, non voglio fare brutte figure, a volte è imbarazzante, non puoi parlare di tutto. Io cerco sempre di far vedere che guido bene! Non mi va di farmi bagnare il naso solo perché sono donna!”
Qualche aneddoto? “Mi è successa una cosa davvero simpatica. Talvolta devi anche portare anche degli oggetti, non solo persone. Dovevo andare a prendere una famiglia che aveva prenotato la corsa e sul display ho letto la scritta “4 persone frigo”, quindi pensavo di dover caricare un frigorifero e già mi chiedevo come avrei fatto. Quando arrivo sul posto, trovo le quattro persone, ma nessun frigo e poi ho capito perché: “Frigo” era il loro cognome! Mi sono divertita molto”.
Il contatto con il pubblico è stimolante, commenta: “Mi è capitato anche di portare in macchina un vip, ma non sono tutti montati, alcuni sono persone umili. Quello che ho conosciuto io lavora nell’editoria, è piuttosto famoso. L’ho riconosciuto subito e, quando siamo arrivati a fine corsa, gli ho chiesto se mi concedeva un autografo: lui era stupito, diceva che non era nessuno, che non se l’aspettava una richiesta simile”. Il marito di Nuccia, dopo trentasei anni di vita insieme, si dimostra contento del lavoro della moglie: soltanto, si raccomanda, che non rientri troppo tardi la sera!
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